Redazione

La definiscono “spericolata riscrittura” Diego De Silva e Giuseppe Miale Di Mauro, che hanno liberamente tratto dalla sceneggiatura di “La banda degli onesti” di Age e Scarpelli, il testo Gli onesti della banda, in scena al Teatro NEST di Napoli dal 23 al 26 novembre, con Ivan Castiglione, Francesco Di Leva, Giuseppe Gaudino, Irene Grasso, Adriano Pantaleo, Luana Pantaleo e la partecipazione di Ernesto Mahieux, diretti da Giuseppe Miale Di Mauro.

Una scena (foto di Carmine Luino)

La storia vede protagonisti Tonino, laureato a pieni voti che, non trovando lavoro, decide di ereditare la portineria del defunto padre e il suo migliore amico Peppino, che gestisce la tipografia di famiglia, attanagliato dai debiti dopo aver comprato nuovi macchinari. L’amministratore del palazzo in cui Tonino lavora è il ragioniere Casoria, uomo sempre in bilico tra legalità e illegalità, che attenta continuamente all’onestà del giovane portinaio.

«Abbiamo deciso di ritornare a una tematica che ci appartiene – afferma Giuseppe Miale Di Mauro – torniamo a occuparci di camorra, ma tenendo ferma la necessità di ricercare altri codici, più moderni e meno realistici. Così abbiamo pensato che la leggerezza potesse essere un modo nuovo di affondare l’occhio nel reale, di raccontare i meccanismi malavitosi che attanagliano la società, facendo in modo che il pubblico percepisse certe dinamiche come universali. La strada della commedia brillante ci è sembrata rispondere a queste esigenze e per fare in modo che la nostra commedia mantenesse uno spessore anche di indagine sociale, abbiamo chiesto ad un grande scrittore come Diego De Silva di collaborare al progetto.

Il nostro testo, riprendendone uno dei più famosi della tradizione comica, ripercorre le difficoltà del precariato moderno, mostrando come anche le persone oneste possano trovarsi invischiate nei meccanismi di camorra, loro malgrado, vittime e carnefici a un tempo. I nostri “onesti” dovranno fare i conti con la loro disonestà. Questo è il punto dolente, perché scoprono che la disonestà ha una forma tentacolare. È una morsa, da cui paradossalmente “gli onesti” tornano a sentirsi liberi solo nel momento in cui si trovano a scontare la pena delle loro azioni di malaffare».

 

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