
Dal 28 febbraio al 4 marzo 2012 al teatro Bellini di Napoli, andrà in scena La resistibile ascesa di Arturo Ui di Bertolt Brecht, con uno dei più grandi interpreti della scena italiana: Umberto Orsini, con un gruppo di giovani, diretti da Claudio Longhi.
Brecht, quando ormai la Seconda guerra mondiale si sta combattendo da due anni, sceglie di tornare alle origini di uno sfacelo politico che stava costando il peggio a milioni di esseri umani e, a se stesso, da nove anni, l’esilio. L’indagine che sceglie d’avviare sui meccanismi perversi del potere e della demagogia sfocia in un allucinato e macabro affresco che, con un facile meccanismo allegorico, egli ambienta non già in Europa, teatro reale del disastro, bensì oltreoceano, in una fantastica Chicago, nella quale ripercorre le fasi della costruzione del consenso per Adolf Hitler sulla falsariga di quelle dell’ascesa criminale di Al Capone. Attraverso questo caustico e grottesco parallelo, gestito mediante sapienti dosaggi di tratti ora parodistici ora tragici, Brecht innesca la perlustrazione di un fenomeno storico di proporzioni planetarie, consentendo allo spettatore di seguirne lo sviluppo in maniera immediata e di comprenderne gli esiti socio-politici grazie ad una semplificazione mai gratuita e ad uno strumento quello del teatro, appunto che ne catalizzi la leggibilità.
La messa in scena intende assecondare pienamente il registro grottesco di questa “farsa storica”. L’incisiva brevità dei singoli “numeri”, la retorica della sopraffazione mafiosa, la serie rocambolesca dei fatti di cronaca narrati e messi alla berlina attraverso la lucida comicità di cui Brecht si serve come arma storico-critica, traducono la parabola in una “rivista” briosa e nitida, caustica ed elegante, sul tragico nonsenso del nostro passato. Un apologo feroce e violento sulla tragedia europea del Nazismo, sull’intreccio terribile e puntuale di economia e terrore, di gangsterismo politico e consenso di massa.
“La resistibile ascesa di Arturo Ui – scrive il regista – risulta a tutti gli effetti un imprescindibile esercizio di memoria: di quella memoria di cui perdere le tracce sarebbe un atto immorale e di cui soltanto i classici antichi e moderni sanno farsi portavoce magistrali, dacché in sé realizzano compiutamente l’ideale supremo per cui ogni opera d’arte deve avere valore di civiltà: quest’opera di Brecht lo possiede esplicitamente”.