
(foto di T. LePera)
Come lo stesso Molière pensò nel 1663, quando scrisse in un giorno per compiacere il Re, la commedia, Giampiero Soleri sceglie la formula del ‘teatro nel teatro’ per mettere in scena La recita di Versailles lo spettacolo che sarà in scena al Teatro Bellini di Napoli dal 10 gennaio 2017.
“Un anarchico viaggio nel tempo”, scandito da estratti di tre capolavori di Molière: Il Misantropo, Il Tartufo e Il Malato , tradotti e adattati per l’occasione da Stefano Massini. Interprete d’eccezione è Paolo Rossi che recita con Lucia Vasini, Fulvio Falzarano, Mario Sala, Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari, Stefano Bembi, Bika Blasko, Riccardo Zini, Karoline Comarella, Paolo Grossi.
Doppio piano, dunque, per raccontare il Teatro e la biografia dell’attore, attraverso il dietro le quinte di una compagnia in prova, costretta ad allestire uno spettacolo in fretta e furia. Paolo Rossi si sdoppia per interpretare sia Molière, che estesso, mentre, da capocomico, è intento a capitanare il gruppo di attori in un serratissimo gioco di rimandi e parallelismi, che accostano l’opera e la biografia del grande drammaturgo nonché il lavoro del capocomico sia suo che di Molière.
Partendo dal un canovaccio di Stefano Massini, protagonista e regista teorizzano la coesistenza sul palco dell’”attore”, colui che conosce il mestiere, dei personaggi che evoca e interpreta, e della “persona stessa”: una compresenza scenica che permetterà un’improvvisazione rigorosa, che si traduce in uno spettacolo “irriverente, caustico e veritiero” creato e ricreato ogni sera dall’estro di Paolo Rossi e dalla sua compagine di attori e musicisti.

(foto di T. LePera)
“Molière mi piace, mi fa godere e mi consola. – dichiara Paolo Rossi – Mi affascinano soprattutto le voci che circolano sul suo lavoro, sulla sua vita privata, sulle scadenze, le commissioni, sui temi pericolosi da recitare in un ambiente ancor più pericoloso, sulle rivalità degli altri teatri. Ma soprattutto sulle leggende, sulla sua compagnia, che mi è sempre apparsa come una famiglia che oggi chiamerebbero “allargata”. Ecco avrei voluto vivere e recitare con loro, e ho sempre voluto che le compagnie con cui ho lavorato diventassero una famiglia. Quelle belle famiglie con tante persone e non poche solitudini, al di là delle differenze, dell’ideologia, delle tensioni… Costrette a restare unite amorevolmente per affrontare nuove sfide”.