Sorprende tutti con “La vie en rose”. Non perché “L’urdema tarantella”, “Fresca fresca”, “E aspettano e aspettanno ca vene”, “Era de maggio” e l’ormai mitica “Ipocrisia” non abbiano esaltato il pubblico (teatro Mercadante tutto esaurito), ma perché ha dimostrato che una voce matura, calda, espressiva, unica come la sua, può ancora stupire, regalando emozioni nuove e inaspettate agli spettatori, che non si frenano e le inviano a gran voce complimenti e apprezzamenti.
Angela Luce, intramontabile Signora della musica, esegue le celebri canzoni, a modo suo, cala teatralmente nella vita di “Bammenella ‘e ncoppa ‘e quartieri” esaltando spettatori e amici presenti all’evento organizzato per i suoi sessant’anni di carriera allo Stabile partenopeo (è stato un cavallo di battaglia per Leopoldo Mastelloni). E’ un susseguirsi di esecuzioni, accompagnata al piano da Pino Tafuto. Di novità, quando le trasforma con il calore del sax di Marco Zurzolo (“Malafemmena”). Di sorprese: recita alcuni suoi versi, e li canta quando, musicati da Leonardo Barbareschi, si trasformano in canzone.
Una serata spettacolare, un’ora di maestria vocale e gestuale. Vestita d’oro e velluto, Angela Luce, bella, diva senza tempo, applaudita da fans e addetti ai lavori, è presentata da Giovanna Castellano, che legge telegrammi e lettere dei grandi assenti: Pupi Avati, Fausto Cigliano, Mario Martone. Dona un un po’ di quella bellezza perduta, in questi giorni bui per la cultura, per l’Italia e per Napoli. Chiude eseguendo a cappella e senza microfono l’inno partenopeo: “’O sole mio” e il teatro crolla.
Un momento esaltante, gioioso e ricco di spessore per un’artista dal talento straordinario, che ha scelto un percorso difficile per far carriera e che immaginiamo su quel tappeto rosso di Cannes, dove ha ricordato al mondo le sue grandi capacità recitative.