E’ il terzo episodio, che mette in scena di quella che definisce “la saga di Ricciardi”. Annamaria Russo adatta e dirige Vipera, tratto dall’omonimo libro di Maurizio De Giovanni. Prima assoluta, nella rassegna Brividi d’estate, da sabato 21 a lunedì 23 luglio (ore 21), al Real Orto Botanico di Napoli, prodotto da Il Pozzo e il Pendolo Teatro. “Sono entrata in un mondo da conoscere e amare”, dichiara la regista, appassionata lettrice.
E’ la primavera del 1932, Pasqua è alle porte, e in una delle stanze del Paradiso, il bordello più famoso di Napoli, viene trovata morta Maria Rosaria Cennamo, in arte Vipera, la prostituta che fa sognare tutti gli uomini della città, ma che solo pochi possono avere. All’affascinante commissario il compito di risolvere il caso. In scena, Rosaria De Cicco, Paolo Cresta (lo scrittore), Marianita Carfora (Vipera, la prostituta), Antonello Cossia, Salvatore Catanese, Emilio Marchese, Alfredo Mundo, Sonia De Rosa, Paolo Rivera.
Annamaria, com’è nata l’idea di rappresentare Vipera, uno dei titolo, che hanno avvicinato De Giovanni al grande pubblico?
“Volevo dare continuità al percorso iniziato con Il senso del dolore (un monologo a più voci) e Il Giorno dei Morti (in cui un bambino ucciso prendeva corpo). In questo lavoro ho inteso far rivivere in maniera più concreta l’universo del celebre commissario, i suoi sentimenti, la sua quotidianità”.
Che tipo di regia ha costruito?
“Mi sono messa nei panni del lettore, considerando che chi legge ama immaginare più che vedere un personaggio. Così, sostenuta da una scenografia fatta di fondali retroilluminati e giochi di luce, ho creato una sorta di doppi personaggi. Quelli principali della storia, si vedono e dialogano normalmente, quelli, diciamo ‘seriali’, sono come sagome tridimensionali, si confrontano con l’autore, esistono, ma lasciano allo spettatore come al lettore, la libertà di vagheggiare sui loro volti”.
Chi è dunque il vero protagonista di questa messinscena?
“Qui, come nei precedenti due episodi, è la fantasia dello scrittore”.
Molti degli attori che interpretano lo spettacolo hanno già lavorato con lei.
“Sì, perché si tratta di un’operazione complessa: occorreva grande affiatamento e fiducia reciproca”.
Il prossimo appuntamento sarà con “Medea di Portamedina” di Mastriani e, ancora in rassegna, la ripresa di “Processo a una strega”. Qual è la sua posizione nei confronti delle donne?
“Ricerco la comprensione. Per quanto un gesto possa essere efferato, come quello di una madre che uccide il figlio, capirne le ragioni dà una luce diversa al personaggio. Il che non significa giustificarlo, ma, sospendendo un attimo il giudizio, capire le motivazioni di una scelta”.
Lei è una forte lettrice, tanto da portare la letteratura a teatro. Una bella sfida.
“Mi capita d’innamorarmi di un libro e mi viene voglia di metterlo in scena. Un romanzo si può raccontare o rappresentare, io scelgo la seconda strada. E’ certamente una responsabilità enorme. Per farlo bisogna avere la forza di liberarsi dal fascino ammaliante del testo, di lasciare che siano le emozioni, suscitate da quelle pagine a indicare la via. Sì, è rischioso”.
Il noir resta una caratteristica delle sue scelte teatrali.
“E’ uno dei filoni che amo. Stento, però, a definire ‘gialli’ i libri di Maurizio: nella sua scrittura c’è tutto un mondo da scoprire e le storie fagocitano, ci si finisce dentro”.