Artemisia Gentileschi, simbolo d’arte e di dolore

Anita B.Monti

Torna in sala al Teatro Tram di Napoli, da giovedì 9 a domenica 19 marzo 2023 Artemisia, testo e regia di Mirko Di Martino nell’interpretazione di Titti Nuzzolese e Antonio D’Avino.

Una rappresentazione divenuta ormai iconica, prodotta da Teatro dell’Osso, che racconta la vita di Artemisia Gentileschi, artista seicentesca che amava definirsi una “pittora”, forte del suo senso di giustizia sociale e di identità femminile. Un’identità che venne infranta da un episodio di violenza. L’artista, figlia di Orazio Gentileschi, nel 1612 venne violentata dal pittore Agostino Tassi, amico e collega del padre.

Una scena

Lo spettacolo non è una narrazione puramente biografica della sua vita. Al contrario, la figura della pittrice è inserita in un contesto simbolico, sospeso tra realtà e illusione, tra peccato e colpa, tra spiritualità e passione. Qui emergono le paure, i dubbi, le ansie,di una donna che volle affermare la propria indipendenza in un contesto dominato dai maschi, com’era l’arte del Seicento in Italia.

Siamo a Napoli, è il 1653: Artemisia Gentileschi si trova in casa sua al cospetto di un giudice che, senza alcuna spiegazione apparente, la obbliga a raccontare ancora una volta i particolari di quel giorno. La donna credeva di aver chiuso i conti con quella storia al termine del processo che condannò Agostino Tassi per stupro, ma scopre adesso che tutta la sua vita e la sua stessa opera ne sono state segnate molto in profondità.

Il giudice, un po’ alla volta, assume i ruoli delle figure maschili che hanno condizionato l’intera sua esistenza. Il padre, l’autore dello stupro, ma anche un predicatore. Attraverso la rievocazione delle scene bibliche, narrate nei propri dipinti, la donna è obbligata a confrontarsi con le sue paure, i suoi dubbi, i suoi desideri di gloria, di affermazione di sé come artista e come donna.

“Lo spettacolo porta in scena una riflessione universale sul valore dell’arte, sul suo legame con la vita, sulla capacità dell’arte di sostituirsi ad essa. – spiega Mirko Di Martino – Artemisia sente di aver sacrificato tutto all’arte: giunta al termine della vita, è obbligata a chiedersi se ne sia valsa la pena. In un mondo dominato dai maschi, scopre che le è preclusa ogni libertà e autonomia. Perfino la sua arte viene interpretata come un continuo ritorno sul tema della violenza e della vendetta, dello stupro e della castrazione. Artemisia credeva di essere diventata libera grazie all’arte, adesso scopre che era la sua prigione”.

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