
Arturo Cirillo mette in scena al teatro Nuovo di Napoli, dal 31 gennaio al 5 febbraio, La morsa di Luigi Pirandello, di cui è anche interprete.
Come mai hai scelto questo testo giovanile per affrontare il drammaturgo siciliano?
“Per la verità me l’ha proposto Sandro Lombardi per il progetto che realizza ogni anno in primavera al Museo Nazionale del Bargello a Firenze. Mi è piaciuto e ci abbiamo lavorato insieme, traendo la versione finale da differenti edizioni dell’opera: “L’epilogo” (da cui abbiamo preso il finale), “La paura”, “La morsa”.
Che ambientazione hai creato?
“Non naturalistica, come al solito. Uso le didascalie originali che la descrivono, ho voluto una scena mummificata, museale, congelata che rispecchia la condizione dei protagonisti, Giulia (Sabrina Scuccimarra), il marito (Sandro Lombardi), l’amante (sono io), la governante, che interpretiamo a turno noi due. Poi gioco con il dentro e il fuori, utilizzando delle teche contenenti acqua in cui sono chiusi alcuni comuni oggetti quotidiani. Si sentono suoni naturali: il rumore del vento, il fruscio delle canne, la voce degli animali. Il senso dell’acqua richiama la palude (bonificata) di cui si parla nel racconto”.
La morsa racchiude già tutti gli elementi tipici del teatro pirandelliano.
“Sì. Il tema della famiglia, dell’adulterio, le figure femminili. C’è un arcaico rapporto tra sentimento e animalità. La famiglia è il luogo della tortura. La morsa è la messinscena di quanto di più atroce, e forse ovvio, la famiglia riesca a produrre. Non è solo la stretta interrogazione che un marito fa a una moglie che lo tradisce, ma è una condizione fisica e mentale nella quale tutti e tre i personaggi della vicenda sono compressi, coatti e costretti. Centro della vicenda è l’ipocrisia della media borghesia italiana, come solo Pirandello è in grado di descriverla e di farla parlare: con quella lingua tutta allusiva, sospesa, sincopata, in cui appare un mondo di mediocri, incapaci di grandi sentimenti e generosità”.
Pirandello è ancora attuale?
“Lo trovo interessante proprio negli aspetti non attuali, per le situazioni che oggi non si verificherebbero in Italia, e per il linguaggio. Quanto ai sentimenti è diverso, quelli sono validi sempre, come l’amore, il disamore, la gelosia, il tradimento”.
Che lingua è la sua?
“E’ tutta inventata, tutta mentale. E’ la prima volta che l’incontro e trovo affascinante e difficile la sua enorme letterarietà. Pezzi di frase che sono come apici di un iceberg, di cui la parte più consistente è nascosta, non scritta, sprofondata nel mare dell’inconscio”.