La prima impressione che si ha quando in sala si spengono le luci e sullo schermo iniziano a scorrere le immagini di Mirror, Mirror (questo il titolo originale del film Biancaneve) è sicuramente quella di un tripudio di colori sfavillanti e di costumi suntuosi. Tuttavia, l’attenzione inizia a calare dopo poco: la storia, liberamente ispirata alla favola di “Biancaneve e i sette nani”, presenta diverse varianti narrative che la rendono alquanto originale, ma il ricorso ossessivo all’azione e agli effetti speciali pongono il film alla stregua dei soliti “action movie” americani, come se vedere i sette nani impugnare spade e pugnali, anziché pale e picconi, fosse una garanzia di successo al botteghino.
Diretta da Tarsem Singh, regista per lo più di videoclip (di nazionalità indiana), la pellicola, nonostante gli sforzi fatti per attrarre una quanto più vasta porzione di pubblico, rimane comunque un ibrido: troppo sofisticata per i bambini, troppo “fiabesca” per gli adulti. Di sicuro, l’idea che la tanto amata Julia Roberts rivesta i panni della regina cattiva esercita un certo fascino, difficile da trascurare, ma poi la sua interpretazione, poco graffiante, finisce col deludere le aspettative. Elemento che, invece, la umanizza e che risulta non poco divertente, è quello di vedere la diva alla prese con il tempo che scorre e con i problemi che questo inevitabilmente comporta (dalla comparsa delle rughe all’affievolirsi della bellezza). Svariati, inoltre, sono i temi che il film cerca di affrontare – l’ansia per la giovinezza che passa, la lotta tra i sessi, l’ingiustizia sociale – ma purtroppo senza approfondirli. In poche parole, Biancaneve di Tarsem Singh non fa parte di quei film che bisogna assolutamente andare a vedere.