Biografia sincronica per Gemito

Angela Matassa

Angela Pagano (foto di Marco Ghidelli)

L’ha definita “un’operazione identitaria di questo teatro”, Luca De Fusco, direttore artistico dello Stabile partenopeo, presentando Il genio dell’abbandono, lo spettacolo tratto dall’omonimo romanzo di Wanda Marasco su Vincenzo Gemito, edito da Neri Pozza, finalista al Premio Strega 2015. Il debutto nazionale mercoledì 22 febbraio al Teatro San Ferdinando di Napoli. “Siamo orgogliosi, sia per il personaggio che per la scrittrice, grandi entrambi. – afferma De Fusco – E’ il racconto di un pezzo di storia di questa città, fatto con linguaggio denso, rotondo, barocco, di grande importanza letteraria”. Il celebre scultore sarà interpretato da Claudio Di Palma, che cura anche la regia. “Ha fatto un grande lavoro di scavo. – elogia De Fusco – Un attore sul quale abbiamo investito con convinzione”.

Dal canto suo, il regista/protagonista spiega che nella messinscena non c’è una linea narrativa continuativa, ma tanti scarti, non c’è l’arte di Gemito, “non il manufatto, il disegno, il bustino, – spiega – raccontiamo il momento che precede la forma”.

Chiuso in una gabbia sulla scena di Luigi Ferrigno, Vicienzo rivive in delirio alcuni periodi della sua vita “è una biografia sincronica, si svolge in un presente continuo, come nel romanzo. – illustra Di Palma – Egli vive in quella che definisce una “cella mentale”. Qui suoni, ombre, ricordi lo attanagliano nel buio della psiche, nel dolore e nella sofferenza del corpo, tra cure e malattie.

Una scena

Uno spettacolo non facile dicono. “Robusto – lo definisce l’autrice, Wanda Marasco, poetessa, regusta e drammaturga – con momenti di grande poesia, muscoloso nella mente, l’anti-arte è depositata nel delirio dell’artista. E la madre adottiva è anche simbolo di una città, di una radice”.

Lei, la madre, è Angela Pagano. “La grande difficoltà di questo personaggio – chiarisce – è nel linguaggio, difficile e particolare, nella sua essenza di lingua napoletana. La mia è una mamma, che cresce il bambino con sentimento popolare, viscerale, come se lo avesse veramente partorito”.

In scena: Cinzia Cordella (Mathilde Duffaud), Paolo Cresta (il Dott. Virnicchi), Francesca De Nicolais (Peppinella Gemito), Giacinto Palmarini (Emanuele Caggiano), Alfonso Postiglione (Antonio Mancini), Lucia Rocco (Nannina Cutolo), Gabriele Saurio (Masto Ciccio). Le luci sono di Gigi Saccomandi, le scene di Luigi Ferrigno, i costumi di Marta Crisolini Malatesta, le musiche di Paolo Vivaldi.

 

 

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