
Si legge come allegoria satirica il testo brechtiano La resistibile ascesa di Arturo Ui, una produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione e Teatro di Roma. Dopo il debutto all’Argentina ed una fortunata tournèe, lo spettacolo giunge a Napoli al teatro Bellini. Firma la regia Claudio Longhi, la drammaturgia Luca Micheletti, insignito del Premio Ubu come miglior attore non protagonista. Stratosferico è Umberto Orsini che si trasforma in ben tre personaggi e muta voce (da roca, adeguata ad un rozzo gangster che fa il verso ad Al Capone a raffinata, degna dell’attenzione della borghesia tedesca), aspetto, sorriso beffardo di chi ha ingannato e portato alla catastrofe una generazione. E’ Arturo Ui, l’attore che gli insegna a diventare il Fuhrer e Hitler. Ma il dramma è raccontato con canzoni, belle e finemente interpretate, con musiche originali di Hans-Dieter Hosalla, la traduzione in endecasillabi di Mario Carpitella. La metafora del potere ha inizio con il trust dei cavolfiori, la crisi economica nella quale precipita la Germania prehitleriana, e il pubblico ritrova, nella “farsa storica” scritta da Brecht dall’esilio finlandese (tra il ’40 e il ’41), la grande crisi del ’29, l’incendio del Reichstag, gli Junker e le sovvenzioni statali al presidente Hindenburg, la notte dei lunghi coltelli con l’assassinio del luogotenente Rohm, fino al gas e alla morte.
La città divorata dalla corruzione non è Berlino ma Chicago e la bella scenografia di Antal Csaba è creata con distese di cavolfiori cassette di frutta che si levano alte verso il cielo quasi come grattacieli, disegnano un inedito skyline.
Torna il kabarett con la Ballata della paura, Mack the knife, le Club Song, la canzone della fedeltà, e nell’intervallo gli attori coinvolgono il pubblico, per stimolarlo, per scambiarsi i ruoli. “E’ il teatro che gioca con se stesso”, spiega Orsini, stellare in questo ruolo, attorniato da un cast di valenti attori/musicisti: Nicola Bortolotti, Simone Francia, Olimpia Greco, Lino Guanciale, Diana Manea, Luca Micheletti, Michele Nani, Ivan Olivieri, Giorgio Sangati, Antonio Tintis.
Circa tre ore di spettacolo, ma il pubblico della prima tributa interminabili applausi e standing ovation al lavoro, agli artisti, al teatro d’impegno che fa riflettere con amara lucidità su temi eterni: l’orrore della guerra, la conquista del consenso, l’umana, eterna sopraffazione.