Brilla la stella di Milly

Angela Matassa

Colpisce, coinvolge e convince Gennaro Cannavacciuolo nel recital Il mio nome è Milly. L’ultimo dei tre spettacoli di teatro-canzone dedicati ai grandi interpreti. Tre M, Montand, Modugno, Milly, per evocare e rievocare epoche diverse, portare sulla scena artisti straordinari e significativi.

Accompagnato dalla musica dal vivo, eseguita al pianoforte da Dario Pierini e al sax contralto da Andrea Tardioli, l’artista partenopeo è riuscito a portarlo nella sua città, grazie alla collaborazione e alla passione di Sasà Ferrari, che ha dato vita al Vomero, ormai da anni, a una sala, piccola ma accogliente, in cui propone pièce selezionate che spesso non trovano spazio altrove.

Due sole repliche per Milly, due tempi di musica e canzoni, legati dal filo del racconto biografico e artistico di Carla Mignone, dagli esordi al successo musicale e teatrale. Con intensità, Gennaro Cannavaciuolo, cantante, attore, fine dicitore, trasporta il pubblico nell’atmosfera dei primi Anni Novanta, in Francia e in America oltre che a Milano, Roma, Torino, in cui Milly fu affermata vedette del varietà.

In eleganti abiti maschili, l’interprete cede solo due volte al travestie: in abito da sposa e poi da mondana quando canta la provocatoria “Preghiera a sant’Antonio”.

Un momento del recital (foto di Gilda Valenza)

Cinque gigantografie ritraggono Milly in alcuni momenti della carriera: nel camerino, in scena, a casa, mentre un gioco di luci sottolinea i momenti dell’interpretazione. Allegra, gioiosa, ironica la prima parte, in cui Cannavacciuolo canta con talento e puntualità “Era nata a Novi”, “Le rose rosse”, “Donne e giornali”, “Mutandine di chiffon”. “Parlami d’amore Mariù”, “Milord”, e il cavallo di battaglia “Si fa ma non si dice”.

Più drammatico il secondo tempo, che rievoca l’incontro con il teatro, con Streher e le fortunate tournèe dell’ “Opera da tre soldi” di Bertolt Brecht, in cui lei vestiva i panni di Genny delle spelonche.

In questo concentrato di vita e arte, ci sono l’amore proibito con il principe Umberto di Savoia, la censura del Regime, le lettere di un giovanissimo Cesare Pavese all’amata soubrette. E ancora, De Andrè, Jaques Brel, Lauzi, Mina, la Magnani, De Sica e, in chiusura, la voce registrata della stessa Milly che canta: “Gli anni sono andati,/non torneranno più./La mia commedia ormai/da sola finirò“.

Ma nel bis torna la vedette di oggi: sul palcoscenico scuro, senza strumentazione, Gennaro Cannavacciulo interpreta con grande intensità “Scarpe nuove” di Serge Lama e Gipo Farassino, che ripete: “Ho avuto niente/niente di niente/ma ho chiesto niente/niente di niente”. Un testo su misura per l’artista dalla forte personalità, che non cede a lusinghe e promesse,

Un momento del recital (foto di Gilda Valenza)

Un successo italiano, pubblico entusiasta a Napoli, per uno spettacolo che certamente meriterebbe di essere accolto anche nei teatri ufficiali e per un numero maggiore di repliche.

 

 

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