Per parlare del delicato, difficile, simbiotico, spesso devastante rapporto tra madre e figlia occorre una donna, e Angela Matassa, con la sua drammaturgia, riesce a raccontarlo alla perfezione con il suo monologo Un soffio tra i capelli. Promosso dall’associazione PassioDea, in scena al teatro Il Primo di Napoli, il lavoro (in una precedente versione a più personaggi) era stato insignito del Premio Miseno. La giuria aveva sottolineato come nella messinscena, tratta dal racconto omonimo di Giovanna Castellano, “emozioni e passioni diventano metaforici ponti relazionali tra madre e figlia. Un meraviglioso e ambivalente rapporto dove pulsano umori, soffi affettivi, sensazioni contraddittorie”.
Firma la regia Gioconda Marinelli che cerca di rendere, compito arduo, lo straniamento e il gioco di memoria della protagonista con la gestualità, con un bel gioco di drappi – dissolvenze in chiusura. Le musiche originali sono di Stefano Maria Longobardi e l’idea scenografica è di Laura Carlomagno. Protagonista un’unica attrice, Vanina Luna, un po’ troppo rigida per dare corpo alle mille sfumature del dramma del distacco tardivo, del tumultuoso rapporto tra due universi inscindibili e contemporaneamente assolutamente da separare.
Nella storia è la madre, stanca, non più saggia e per la prima volta (ma solo apparentemente) egoista, che recide il cordone ombelicale, quando sono adulte e ci sarebbe più bisogno di complicità, di dialogo, di sostegno affettivo. Il pubblico è coinvolto da una bufera di sentimenti che legano Angela e sua madre in una simbiosi che non permette di crescere e di ritrovare il proprio Io. La strategia del coinvolgimento, la prova di fiducia, il rimando goffmaniano degli specchi, le immagini speculari e riflettenti sono piccoli racconti psicoanalitici del più vitale dei legami, quello che dura oltre la morte. Buona la drammaturgia della Matassa che continua a cimentarsi con testi introspettivi, profondi, come il bel lavoro, anch’esso premiato, “Letti disfatti”, con un ottimo protagonista, Carlo Croccolo.