“CATTIVA” DI ANGELA MATASSA, CON DANIELA CENCIOTTI E LA REGIA DI FABIO BRESCIA, 27 – 28 FEBBRAIO, 1 MARZO – CIRCOLO TEATRO ARCAS DI NAPOLI
Una donna è cattiva se abbandona il lavoro? Se taglia le amiche? Se lascia il marito? Se ascolta se stessa? Se diventa consapevole? Tutte queste domande in Cattiva di Angela Matassa, con Daniela Cenciotti e la regia di Fabio Brescia, in scena da venerdi 27 febbraio a domenica 1 marzo al teatro Circolo Teatro Arcas di Napoli (via Veterinaria, 63), prodotto da Titania teatro e Duel:lab.
Donne di mezza età si raccontano. Ciascuna ha un punto su cui riflettere, da cui partire per esprimere sentimenti e disagi. Nello studio di uno psicoanalista, ognuna di esse si sofferma su un avvenimento importante della propria vita, mostrando le ripercussioni psicologiche dei fatti. Ogni figura rivive sulla scena le scelte, le imposizioni, gli incontri, i lutti, le gioie passate come se avvenissero nel presente.
Ritorna il rapporto con la madre, ormai anziana, figura fondamentale nella vita di ogni individuo. La frustrazione della regina della casa. L’ambizione dell’intellettuale e la necessità di essere sempre belli. Le amicizie, gli amori, gli oggetti che rendono sicuro e confortevole il proprio spazio vitale. Temi che riguardano tutte le donne, trattati con leggerezza. Un po’ di cattiveria è in ogni individuo. Forse serve nella vita. Un percorso, insomma, nell’essere donna ai giorni nostri, non scevro da pregiudizi e condizionamenti. Il finale sorprenderà lo spettatore al momento della riflessione finale.
Cattiva: tante voci per un’attrice sola, un monologo che avvicina i personaggi al cuore dello spettatore con tono ironico e leggero, quasi fosse una sola protagonista che mostra le varie sfaccettature della personalità femminile.
Cattiva è una donna o forse più donne o tante donne in una. – spiega Fabio Brescia – E’ comunque il tentativo di rappresentare un caleidoscopio di personalità, tutte con un minimo comune denominatore, la cattiveria, appunto, non perché la bontà non sia più di moda, ma perché la cattiveria senza dubbio è più scomoda, leggi più teatrale.
Una seduta psicoanalitica del personaggio che racconta, si racconta e non raccoglie soluzioni ma una ri-soluzione, unica e definitiva.
E chissà quanti/quante leggeranno la propria storia in quelle raccontate, e dinanzi alla ri-soluzione pensaranno “Magari…”. In un gioco di trasparenze, la protagonista si muove in un labirinto interiore. Ho lavorato sull’inquietudine e sul senso di solitudine che appartiene ad ogni donna. Questa è multiforme ed estrema.