Charodeika, incantatrice russa

Maresa Galli

Una scena

Al Teatro di San Carlo di Napoli è in scena “Charodeika”, “L’Incantatrice”, l’opera di Čajkovskij che si basa sull’omonima pièce di Ippolit Vasil’yevich Shpazhinsky. A 130 anni dalla sua composizione e per la prima volta in assoluto in Italia, l’opera, conosciuta come la “Maliarda”, composta da Pëtr Il’ič Čajkovskij nel 1887, è andata in scena dal 17 al 25 febbraio al Lirico. Terzultimo titolo del compositore russo, è un dramma che denuncia l’ipocrisia della società di fine XIX secolo, con una morale diversa per gli uomini e per i notabili ai quali tutto era concesso. “Charodeika” è stata un successo, quindici anni fa, al Teatro Mariinskji di San Pietroburgo e al Sao Carlos di Lisbona nel 2003. Diretta brillantemente da Zaurbek Gugkaev, vanta la regia di David Pountney. “L’ho immaginata – spiega il regista e librettista inglese – nell’ ‘800, all’epoca di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Il testo denuncia l’ipocrisia della società del XIX secolo, con le famiglie costrette in rigide regole morali mentre invece gli uomini intrattenevano relazioni illecite. Proprio Charodeika è un donna accogliente, di grande apertura mentale ma mai volgare, quasi una Carmen russa”.

Dunque il regista mette in scena due ambienti, apparentemente lontani “ma che parlano la stessa lingua”: la famiglia, formale, ipocrita, “che non funziona bene, e potrebbe essere quella dei Romanov; il sacerdote corrotto somiglia a Rasputin, e il ministro Mamirov è un maniaco religioso represso. L’altra famiglia, non rispettabile, invece funziona molto bene”. Le voci sono preziose, un incanto nella ricca tessitura dell’opera che possiede ampi archi melodici e una forte influenza della musica popolare russa, specialmente nel I atto, un quadro vivace dove spiccano le doti vocali degli interpreti e del magnifico Coro diretto da Marco Faelli, dell’Orchestra e Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo, i bei costumi di Tatiana Noginova, la coreografia di Renato Zanella.

Una scena

Suggestive, raffinate le scene immaginate da Robert Innes Hopkins. L’originale opera della maturità di Čajkovskij non presenta scene intime come in “Onegin”, ma incontri melodrammatici tra il marito, il Principe, la moglie, la Principessa, il figlio Jurij e il ministro Mamirov, represso e religioso bigotto, con gli altri personaggi Nenila, la zia lunatica e il corrotto prete Paisy, che richiama alla mente Rasputin. La famiglia aristocratica, apparentemente rispettabile, seduta a cena, è una famiglia disfunzionale, in contrasto con la maison de plaisir di Nastas’ja, conosciuta come Kuma, l’“incantatrice”, che invece è una donna onesta, discreta, che crede nell’amore. Non cederà alle avances del Principe, disposta piuttosto ad uccidersi, e anzi tenterà di convincerlo ad andar via, confessandogli di amare un altro. Jurij tenta di uccidere Kuma per vendetta contro l’umiliazione subita da sua madre, ma la donna lo sedurrà con la sua grazia, la sua sincerità e onestà. Tragico epilogo nell’atto IV, nel quale Kuma viene avvelenata dalla Principessa, con scene ricche di elementi magici attinti ai racconti popolari russi e alle saghe germaniche. Il Principe uccide il figlio per gelosia per poi perdere la ragione, con una risata diabolica, grottesca che si leva nella sala da pranzo a sottolineare l’incubo e l’orrore della storia, con atmosfere prese in prestito da Ibsen e Strindberg. Un magnifico lavoro corale, con le scene emozionanti come le voci e la raffinata musica di Čajkovskij, un gioiello che andava sicuramente rispolverato. A lungo applauditi tutti i protagonisti dell’opera, in primis il Principe, Jaroslav Petrjanik / Ivan Novoselov, la Principessa, Ljubov’ Sokolova; Jurij, Nikolaj Emcov; Mamyrov / Kud’ma, Aleksej Tanovickij; Nenila, Ljudmila Gradova; Ivan Žuran, Grigor Werner; Kuma, Marija Bajankina / Ekaterina Latyševa.

 

 

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