Se Milano conobbe il famoso assalto ai forni nel XVII secolo, raccontato dal Manzoni nei Promessi Sposi, Napoli non fu da meno nel 1647 con l’altrettanto nota ribellione di Masaniello contro il malgoverno spagnolo.
Iniziata col rogo dei banchi dei dazi e delle gabelle in Piazza Mercato, la piccola rivolta contro il vicerè d’Arcos durò appena 10 giorni.
Abbastanza però da imprimere nella memoria della plebe la figura del pescivendolo capopopolo di appena 27 anni.
E da suggerire secoli dopo a un monarca Borbone di rimuovere la salma di Masaniello dalla Chiesa del Carmine, in cui era sepolta.
E dove una lapide sabato 8 luglio ha ricordato ai visitatori dell’evento Echi della rivolta come la memoria e il ricordo possano rappresentare una minaccia per ogni despota o tiranno.
Oggi basta oscurare i social nelle dittature, ma all’epoca persino le tombe potevano essere “post” scomodi, tali da suggerire nuovi sconvolgimenti e moti rivoluzionari.
Echi della rivolta ha chiuso la stagione delle guide teatralizzate targate NarteA.
L’associazione culturale ci ha portato negli ultimi mesi alla scoperta del Tesoro di San Gennaro con Januaria e del Museo dell’acqua Lapis alla Pietrasanta.
Fino al Complesso dei Pellegrini con Peregrinos e alla rievocazione di un’altra figura scomoda, quella di Giordano Bruno a San Domenico Maggiore, con Fiamme e Ragione.
Come per il filosofo martire, anche stavolta l’attore Mario Di Fonzo si è calato nei panni di un personaggio storico complesso, ovvero quello di Masaniello.
Partendo dal Chiostro del Carmine, e passando per la splendida Chiesa di Santa Maria del Carmine Maggiore, fino al portone di Sant’Eligio Maggiore, il tour è stato guidato dallo storico dell’arte Matteo Borriello.
Con la partecipazione di più di 60 spettatori.
Gli attori Mariachiara Falcone e Pietro Juliano hanno arricchito con le loro performance, scritte dal direttore artistico di NarteA Febo Quercia, un percorso già affascinante e suggestivo.
Gli echi della rivolta si sono mescolati così a quelli del barocco della Chiesa del Carmine, una delle tante sovrapposizioni dell’edificio religioso, voluto dagli Angioini, ricco di Storia e di storie.
Come quella che racconta l’inganno perpetrato – saggiamente – ai danni dei nazisti che occupavano Napoli.
Essi pensarono (male) di poter appropriarsi delle spoglie dell’ultimo Hohenstaufen del Regno di Sicilia e del Sacro Romano Impero Germanico, Corradino di Svevia, figlio di Federico II.
L’evento è stato inserito nel programma ufficiale della festa del Carmine del 16 luglio prossimo.
Nonchè accreditato dal comitato tecnico-scientifico per il recupero filologico e per l’innovazione culturale della festa del Carmine, presieduto da Maurizio Rea.
Il chiostro, recentemente restaurato, ha mostrato al grande pubblico gli affreschi ad opera di Giovanni da Pistoia e Giovanni Balducci da Firenze.
Echi d’arte, rivolta e Storia in una sera d’estate che danno appuntamento a settembre con nuovi eventi in città.