2013 fa rima con Almamegretta. O meglio con il nucleo originale del gruppo napoletano dal sound dub-pop-reggae-rock formatosi alla fine degli anni ottanta. Quello in corso è infatti un anno chiave per la band per almeno tre fattori dominanti: primo perché dopo un periodo di separazione il tastierista Pier Paolo Polcari (Pablo) e il batterista-percussionista Gennaro T (T è l’iniziale di Tesone) hanno ritrovato lo storico frontman Raiz (nome d’arte di Gennaro Della Volpe), che dopo circa dieci anni e alcuni album da solista è tornato a dar voce alla band. Poi per la partecipazione lo scorso febbraio al Festival di Sanremo, scelta che, last but not least, ha dato vita a Controra, un disco di undici inediti, in vendita da fine maggio. Il nuovo lavoro ha portato linfa anche per un tour, tuttora in programmazione. A meno di un mese dalla fine dell’anno, Notizieteatrali.it ha deciso di tirare le fila del 2013 degli Almamegretta in questa intervista con Pier Paolo Polcari, che si è soffermato anche sullo stato di salute della scena musicale napoletana.
Pier Paolo, la prima domanda su Raiz è d’obbligo: dopo questo periodo da solista come lo avete trovato?
Guarda, in verità quello con Raiz è un cordone ombelicale che non si è mai reciso. Per me è sicuramente più maturo, ha fatto delle grandi esperienze soprattutto sulla voce, so che ha lavorato in duo con Fausto Mesolella, poi con i Radicanto. Rimane sempre molto curioso, ma ora è un interprete più consapevole.
E gli altri Almamegretta come si sono evoluti?
In questi anni non siamo stati fermi, abbiamo profuso al progetto Alma un arricchimento scaturito dal background maturato. Molti ci hanno fatto notare una maggiore consapevolezza che si riversa nel sound. La nostra ricetta musicale è più evoluta, comunque da subito riconoscibile.
Da un punto di vista artistico-musicale che aria tira a Napoli?
Anche se è una città contraddittoria, credo che sia sempre una grande fucina di talenti, del resto siamo sotto il gigante Vesuvio che in qualche modo protegge queste arti. Napoli è sperimentazione, ma anche rispetto per la canzone tradizionale. In questi momenti di difficoltà sociale si sta facendo sempre più strada l’hip hop, il rapper Clementino è un grande esempio di questa forza comunicativa.
E il vostro dub?
Ha avuto una bella espansione, prima era raro, adesso sento sempre più giovani che stanno utilizzando questo genere quasi come un linguaggio. Del resto la musica è una roba psichedelica, riesce ad aprire delle porte che a volte sembrano murate.
Una curiosità: cosa significa Controra, parola che dà il nome all’album?
Il lavoro a tutti i livelli è necessario, ma resta un mezzo, mai un fine. L’umanità si ristora quando cessa la fatica e l’anima inizia a respirare, nell’ora della Controra appunto. Parola che mai come adesso, in mezzo a tutte “le fatiche” di quest’anno, trovo adattissima.
Matteo Minà