Di Pietro a Napoli con “La Misura”

Danila Liguori

Che cosa c’è dopo la morte? Quanto e in che modo è giusto interrogarsi? E soprattutto: esiste un’età per farlo? Classe ’85, attore, registra e drammaturgo, Eduardo Di Pietro, vicepresidente del Collettivo lunAzione, cura progetto e regia de “La misura”, con Martina Di Leva e Marco Montecatino, dal 2 al 7 maggio al Teatro Piccolo Bellini. di Napoli.

Lo studio dello spettacolo ha vinto il bando (H)eartH – Ecosystem of art and theater, ha il sostegno di Teatri Associati di Napoli, Teatro Elicantropo, Teatro Bellini, Pim OFF, Teatro Civico 14 ed è stato finalista per il festival I Teatri del Sacro 2019.

“La misura” narra una storia alquanto singolare, sospesa tra materia e spazio.

“La trama ruota attorno all’interrogativo sul cosa ci sia dopo la morte, ed un eventuale possibile rincontro tra anime. Si tratta di un’interrogazione a sé stessi effettuata in maniera razionale attraverso un percorso accademico. Lo studio del razionale per rispondere alla domanda più irrazionale che ci sia: è proprio questa la parte più affascinante dell’opera”.

Ce la racconti.

“E’ la storia di Italo Spinelli, un appassionato e brillante operaio in pensione. Nella primavera del 2018 i giornali raccontano dunque di quest’uomo modenese che all’età di 82 anni si laurea in Filosofia. Dopo ben 52 anni di matrimonio, la moglie Angela è venuta a mancare e da allora Italo non ha più avuto pace, ponendo a sé stesso interrogativi del genere: “Ce l’abbiamo davvero un’anima?”. Insomma, Angela manca troppo e Italo desidera trovare delle risposte. Prende così a seguire i corsi online dell’Università di Macerata. Il percorso accademico, pretesto per addomesticare il dolore, diviene un’opportunità per comprendere sé stesso e per misurarsi con gli interrogativi della finitezza umana. A dispetto dell’età, l’uomo non perde, anzi accresce la propria urgenza di sapere. Il suo viaggio diviene metafora della vita stessa che, di fronte alla morte, s’interroga per trovare un significato”.

 Un messaggio di speranza, dunque?

 “In una della battute dello spettacolo è riassunta l’essenza della risposta, e cioè: quando si afferma che ci sono cose che non si possono spiegare, ci sono cose che non si possono conoscere. Ma non per questo non dobbiamo provarci. Occorre notare che Italo parte sconfitto, sa di non poter avere una risposta tramite i suoi studi, ma ci prova lo stesso per amore. Provarci è l’essenza della vita. Nella sua essenzialità, chiedersi cosa ci sia dopo, per amore, rappresenta La domanda. L’indagine esistenziale di Italo, in forme e gradi differenti, è quella connaturata alla condizione di ogni essere umano”.

Una scena della rappresentazione

Un’Opera alquanto singolare nel suo tema e nella sua rappresentazione. 

“La misura” coniuga teatro di figura e una componente di prosa mediante un attore, un’attrice e una marionetta a taglia umana nel ruolo dell’ottantenne Italo. I due interpreti sono attori ed animatori, partendo dalla vicenda di Italo Spinelli per parlare anche di sé e dei quesiti intorno all’immateriale, l’anima, l’aldilà. Sulla scena Italo è una marionetta ibrida a taglia umana. I suoi interrogativi sull’anima riecheggiano in Marco, l’animatore alle sue spalle che parla al pubblico, dispiegando parallelismi tra le esperienze di perdita di entrambi”.

Di esperienza a teatro ne ha fatta. A chi intende intraprendere la carriera teatrale che cosa consiglia?

“Di usare il teatro come strumento di conoscenza di se stessi e del mondo in generale. Visto in chiave antropologica, il teatro può essere un’ottima occasione di conoscenza di sé e opportunità di incontro”.

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