In questi tempi, che scorrono carichi di violenza e crudeltà nuova. Alla quale partecipano baby gang sempre più numerose e bambini di età anche inferiore ai dieci anni, sentiamo tutti il bisogno di partecipare all’azione. Ciascuno a suo modo può contribuire per affrontare quest’ondata crescente di mal-vivere. Un male generale che tocca tutti gli aspetti della vita delle persone.
Inutile ripetere l’elenco dei reati e dei delitti efferati, che vengono perpetrati quotidianamente nel nostro Paese non solo contro i bambini, molti dei quali nella nostra bella regione Campania.
Per far sentire anche la nostra voce, pubblichiamo l’Appello della past president dell’Unicef Campania, la dottoressa Margherita Dini Ciacci. Ha guidato il Comitato regionale per decenni, ha promosso iniziative, proposto leggi, regalato “idee”, formato giovani, contribuito concretamente al cambiamento di ambienti e condizioni dell’infanzia.
Si è impegnata non solo per il Terzo Mondo, per cui è nata l’Organizzazione mondiale, ma anche per i bambini e gli adolescenti del nostro territorio.
Unicef. Bambini a una manifestazione
Ha sentito “il bisogno” di parlare. Noi ascoltiamo, condividiamo e pubblichiamo.
“Sono una mamma e sono una nonna. Molto preoccupata per il futuro dei miei figli, dei miei nipoti e di tutti i figli del mondo. Penso che lo siamo tutti, vedendo quel che sta accadendo intorno. Nel clima, nelle decisioni dei nostri governanti. Ma ci pensiamo che non abbiamo più nascite! Al Sud! Purtroppo non si vuole capire che la maternità s’incrementa se si creano servizi sociali giusti, asili-nido per le mamme lavoratrici.
Il problema generale, ancora più terribile è che in Italia, che fa parte dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, questi diritti sono ampiamente disattesi. Da nord a sud esistono le “periferie del malessere”, che forniscono ragazzi violenti, abbandonati, lasciati alla strada.
Gran parte di questi ragazzi diventeranno certamente manovalanza della mafia, della camorra, della delinquenza comune, se non poniamo un argine a questo andazzo.
Ma come si fa – mi chiedo – ad arrestare un fenomeno che inghiottisce i troppi giovani senza guida?
Se fossimo davvero cristiani (e non ho parole per quel che vediamo) accoglieremmo i migranti, che sono venuti, rischiando la vita, carichi di speranza.
Abbiamo dimenticato che anche la nostra è stata terra di conquista? Se riflettiamo un attimo a pensare a tutte le ragazze che sono venute qui ad aiutarci onestamente, offriremmo loro la cittadinanza. Così quei bambini d’altre terre diventerebbero nostri figli.
Anche in questo caso, però. c’è chi storce il naso, convinto che i figli sono solo quelli nati nelle proprie famiglie. Ma non è così: i figli sono quelli che si crescono in amore, che si educano eche si abbracciano quando ne hanno bisogno. Tutti bambini del mondo, quindi, possono essere nostri figli.
Vorrei, però, soffermarmi un attimo su Napoli, terra meravigliosa, ricca di valori, di generosità, nonostante la povertà. Ricca purtroppo però, anche di delinquenza.
Unicef. Bambini con Pulcinella
Allora, noi dobbiamo chiederci come si può fare a rendere migliori i ragazzi che crescono sempre più violenti.
La prima risposta è semplice: bisogna riprendere il discorso sulla famiglia. Tanti anni fa i consultori, laici e religiosi, organizzavano corsi prematrimoniali per educare alle future responsabilità i genitori. Oggi non è più possibile, forse, ma certamente è necessario, arrivare ai nuclei familiari e arrivarci attraverso la scuola, che anch’essa deve comprendere che i tempi nuovi vogliono un dialogo più serrato e più completo.
Oltre alle materie da studiare, i ragazzi devono comprendere quali sono i problemi della vita, imparare ad affrontarli, devono acquistare solidarietà e amore per il prossimo. Se questo non avverrà, saremo tutti perduti.
Tanti di questi giovani sono meravigliosi e non ce ne rendiamo conto. Ho ricordi molto belli degli anni di attività nell’Unicef. Una di queste volte – ricordo bene – misi un banco promozionale in Galleria Umberto. C’erano due ragazzini che correvano, rubacchiavano qua e là e poi scappavano. Li chiamai risentita e li invitai a vendere con me gli oggetti esposti. “Poi vi regalo qualcosa”, promisi. Avvenne un cambiamento immediato, un ribaltamento: stavano attenti al materiale e parlavano con le persone che si fermavano curiose. Quella volta bastò solo la fiducia.
Un’altra volta un bambino voleva pagare l’ingresso. Naturalmente non era nostro uso. Mi mostrò una moneta e disse: “Io ho questa, basta?” . Gli risposi contenta: “Ottimo, sai perché? come le gocce vanno al mare, i centesimi insieme a quello di tanti altri diventano i soldi per salvare i bambini del mondo”.
Attiviamoci, allora, se non vogliamo che i nostri figli e nipoti vivano in un mondo privo di solidarietà e di amore.
Non si tratta di noi singolarmente presi, il problema e la responsabilità sono generali. Ognuno deve pensare a cambiare la mentalità.
Margherita Dini Ciacci
E che le scuole siano più vicine ai giovani, perché hanno bisogno di aiuto. L’Unicef ha più volte chiesto al Comune di Napoli di creare un piccolo parco giochi per ogni quartiere, in maniera che anche quei bambini, che non possono andare al cinema, possano giocare. Stiamo ancora aspettando.
Potrebbero dare una mano i soggetti che stanno economicamente bene, le industrie, i grandi complessi, ma pare che siano sordi anch’essi. In America tre quarti delle cose belle le fanno i privati, stranamente in Italia questo sostegno non c’è. Pare che conti solo accumulare ricchezza ed evadere le tasse! Eppure sono queste che dovrebbero restituirle ai cittadini in servizi e qualità della vita. Pare che il nostro Stato sia “povero”. Perciò dobbiamo allertarci tutti.
Personalmente sento ancora l’urgenza di fare qualcosa per la nostra città. Però per farla ho bisogno che tutti mi diano una mano, magari pubblicando articoli, offrendo consigli e proposte. Sono sicura che l’intelligenza dei napoletani è più alta di quella di molti altri.
Allora scrivete (qui), ditemi che possiamo far, costruiamo insieme una comunità educante solidale, comunità non vuol dire che ognuno va per conto suo. Quando si va insieme si può riuscire. Lo Stato non è un estraneo perché lo Stato siamo noi, se riusciamo a collaborare, il sistema di vita cambierà. E se ciò avvenisse saremmo tutti più felici e, pensando al prossimo, saremo anche tutti meno poveri. Sono sempre convinta che possiamo fare di questa Napoli, già ricca di tanto, una città ricca di comunità per il bene comune”.