Distopico “Distretto 13 – Le brigate della morte”

Redazione

Notte senza fine a Los Angeles: Distretto 13 – Le brigate della morte (Assault on Precinct 13, USA 1976), J. Carpenter

di Alberto Tuzzi

Los Angeles, ghetto di Anderson. Dei feroci guerrieri metropolitani, già padroni di vaste aree della città, assediano il Distretto 13 di polizia, completamente isolato, nel suo ultimo giorno di servizio; a difendere strenuamente il presidio sono il tenente di polizia Bishop (Austin Stoker), l’impiegata Leigh (Laurie Zimmer) e il pericoloso criminale condannato a morte “Napoleone” Wilson (Darwin Joston).

John Carpenter con “Distretto 13 – Le brigate della morte”, suo secondo film dopo la parodia sci-fi di “Dark Star”, rivisita in chiave di fantathriller metropolitano il western “Un dollaro d’onore” di Howard Hawks – considerato da Carpenter suo maestro – e realizza un film violento, tesissimo, dove il “nemico” non ha volto e l’assedio assume il valore metaforico di un incubo, in cui si muovono i suoi antieroi.

Stilisticamente, il film si ispira al western e all’horror, i due generi più amati dal regista. Del western ha la struttura di base, l’estetica di alcune sequenze, le caratteristiche dei personaggi e i dialoghi che rendono omaggio al genere, mentre dell’horror ha il taglio claustrofobico, l’atmosfera da incubo, la minaccia degli assedianti senza volto, mossi solo da cieca violenza, che escono all’improvviso dall’ombra.

Carpenter nel film muove anche una critica alle istituzioni mostrando meschinità e violenza del carcere e inefficienza e negligenza della polizia. Il regista è anche autore, come in quasi tutti i suoi film, della colonna sonora: una musica ossessiva che contribuisce a definire il clima di terrore, che domina questo piccolo classico del genere.

La locandina del film

John Carpenter, pessimista, poco disposto ai compromessi dello show business, cresce imbevuto della cultura del rock e con la passione per il grande cinema. Con un’inclinazione cinica e antiautoritaria, il regista inizia realizzando opere a basso costo, dimostrando come un budget esiguo non sia un ostacolo per realizzare film espressivi, grazie a uno stile immediato, in cui le scelte registiche ottengono effetti genuinamente terrificanti, dando forma sullo schermo alle sue idee e alle sue ossessioni.

Il cinema di Carpenter, a distanza di tempo, è invecchiato bene; la sua visione apocalittica, apparentemente troppo pessimistica qualche anno fa, oggi risulta preveggente; i finali cupi e ambivalenti sono in linea con la visione di una società che si sgretola, scivolando nella paranoia e nel cinismo, in un mondo in cui cresce l’angoscia per “pericoli” sempre più gravi: pandemie, disastri generati dal cambiamento climatico, crisi economiche, collasso dei diritti civili e delle politiche sociali, deriva del potere costituito verso nuove forme di autoritarismo.

“Distretto 13…”, con la sua azione serratissima e la sua ipnotica colonna sonora, è il primo di una serie di classici della storia del cinema girati da Carpenter, uno dei più grandi registi USA.

Categorie

Ultimi articoli

Social links

Notizie Teatrali © All rights reserved

Powered by Fancy Web