Donadio porta in scena il fascino della Duras

Angela Matassa

E’ un atto d’amore verso Marguerite Duras il nuovo spettacolo che Cristina Donadio porta in scena in questi giorni. Sarà infatti la protagonista di Marguerite al Teatro Sannazaro di Napoli dal 10 febbraio 2023. Un ritorno ad un’autrice “affascinante”, che la coinvolse già trentasei anni, all’indomani della tragica perdita di Annibale Ruccello e Stefano Tosi.

Cristina, qual è stato l’imput che l’ha riportata a questo testo?

“Fin dall’inizio dell’anno mi è capitato di ‘ripensare’. Dopo lo spettacolo Ritornanti di Enzo Moscato probabilmente qualcosa mi ha portato un po’ indietro nel tempo. E, in una sorta di viaggio a ritroso, ho ritrovato sensazioni, sentimenti e ricordi di quell’anno, il 1987, quando andammo in scena con Frammenti di donna, tratto da L’amante della Duras, per il Premio Vitiello”.

Si tratta di una nuova messinscena?

“Sì, a cominciare dal titolo, che porta il suo nome. Ho voluto rimettere le mani in quel lontano vissuto, in quel prezioso materiale, ma con un’altra consistenza. All’epoca mi colpì molto lo stile della scrittrice, come affrontava la perdita, la mancanza, il senso del dolore, che mi riguardavano. Oggi, mi rendo conto che la molla che mi spinge è un’altra”.

Cioè? 

“Quel senso si è trasformato in struggente nostalgia e, dedicandomi di nuovo alla sua opera, sono rimasta ancora una volta catturata da lei e dal suo modo di raccontarsi, di descrivere la sua infanzia, l’Indocina, Iroshima. Scrive quasi con distacco, come in terza persona, con una teatralità anche nel gesto che mi ha affascinata. Comprendo che allora, a ventotto anni, ho messo lei al mio servizio, oggi mi metto io al suo servizio, facendomi attraversare anche nella gestualità. presterò il mio corpo e la mia voce a raccontare il suo universo”.

Ha ideato, dunque, una regia diversa?

“Sì, certamente. Non è più l’album fotografico che avevo immaginato allora. Ora c’è lei e alcune istantanee che la ricordano”.

L’uomo in scena è Matthieu Pastore. Recita in francese?

“Sì. Ho scelto entrambe le lingue, belle, musicali, comprensibili. Volevo restituire la Francia, i colori sud asiatici, Saigon, il fiume Gange”.

Cristina Donadio

Poi c’è la musica.

“Quella non manca. Lei amava molto il pianoforte, con me c’è Marco Zurzolo, col quale ho lavorato molte volte: è la voce di dentro”.

Da come ne parla, si coglie una sorta di gratitudine per la scrittrice.

“Infatti, è assolutamente così. La lettura dei suoi libri mi aiutò ad elaborare il lutto, allora, oggi ho con lei un rapporto di fascinazione, che mi piace restituire, la sua parola è capace di entrare nel cuore di chi ascolta”.

Sarà una scoperta per lei?

“Credo proprio di sì, mi sono sorpresa da sola nel rendermi conto della differenza tra i due periodi. Tutto è diverso perché sono diversa io. Ma il teatro è immortale e quando le parole diventano pelle, dolore, gesti restano dentro. E’ un bel viaggio”.

Lei ama il mare, il suo suono è come una colonna sonora quotidiana. Che cosa direbbe a chi, invece, lascia Napoli per altri traguardi?

“Io ho vissuto alcuni anni a Roma, ma mi veniva il magone. Mi mancava la carnalità e poi la famiglia, gli amici, la mia vita che è una priorità. Ma ognuno ha la propria storia e le sue motivazioni, questa città è fonte di curiosità. Inoltre in questi anni è diventata un grande set d’arte. Forse, conviene restare, piuttosto che partire”.

 

(In copertina la foto di Pino Miraglia da una scena di “Ritornanti”)

 

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