Elena è solo un pretesto, una fake news

Anita B.Monti

LE TROIANE VISTE DA CARLO CERCIELLO. ALL’ELICANTROPO

Continuando il percorso nei classici, Carlo Cerciello porta in scena Le Troiane (in guerra per un fantasma). Debutto nazionale l’11 gennaio (fino al 4 febbraio) 2024 al Teatro Elicantropo di Napoli.

Lo spettacolo è su una drammaturgia da Le Troiane, Ecuba e Elena di Euripide, adattamento di Sartre e riscrittura di Seneca. L’allestimento vede protagoniste in scena Imma Villa, Mariachiara Falcone, Cecilia Lupoli, Serena Mazzei, con i costumi a cura di Antonella Mancuso e le musiche di Paolo Coletta.

La tragedia Le Troiane del 415 a.C. è come un messaggio in bottiglia inviato ai posteri, perché essi non ricommettano gli stessi terribili errori del passato.

Quel messaggio, purtroppo, per noi contemporanei è solo carta straccia e oggi, quel testo in cui Euripide denunciava la disumanità e l’ingiustizia della guerra, è poco più che una favoletta, la cui morale sfiora appena le nostre narcotizzate coscienze e svanisce nel nulla.

Le Troiane (foto Anna Camerlingo)

I frullatori mediatici sono fatti apposta per triturare il tragico, riducendolo ad una pilotabile controversia tra ragione e torto, che si risolve sempre a favore del più forte in campo. Quella di Troia, come tutte le guerre, nacque per interessi economici e di conquista, ma le vittime di quella guerra, incarnate dai personaggi femminili della tragedia euripidea, facili prede della propaganda nemica e accecate dal desiderio di vendetta, non riuscendo a cogliere le reali motivazioni della guerra stessa, insistono nel ritenere Elena l’unica responsabile del conflitto.

Lo stesso Euripide delineò una Elena innocente nella tragedia omonima del 412 a. C. La Tindaride, infatti, non aveva tradito il marito, poiché nel letto di Paride, la dea Era aveva messo un simulacro: la guerra, dunque, si sarebbe combattuta per un fantasma.

Elena, pertanto, è solo un pretesto, una fake news, uno strumento di propaganda guerrafondaia, ma è anche vittima della sua stessa bellezza, l’icona, cioè, di una visione fallocratica, che l’ha condannata a un’esistenza di pregiudizi.

Lo spettacolo è dedicato al già martoriato popolo palestinese, il cui genocidio in atto, è cinicamente giustificato, mistificato e autorizzato dalla propaganda guerrafondaia occidentale.

 

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