Si spengono le luci in scena e appare Boni de Castellane, in abito da sera come un attore di un immaginario circo/cabaret, insieme a due giovani valletti che, come assistenti di scena, lo accompagnano attraverso il racconto (anche sceneggiato) degli avvenimenti più incisivi della sua vita.
E’ l’idea registica di Roberto Azzurro, che è anche protagonista di L’arte di essere povero, dalle memorie dell’affascinante e intrigante personaggio, nella drammaturgia di Massimiliano Palmese, in scena fino al 2 maggio all’Elicantropo di Napoli.
Dietro la maschera del dandy, per cui era famoso, c’era un Boni dalla mente lucidissima. Viaggiatore, collezionista, mercante d’arte, fu anche deputato alla Camera, preoccupato dalla cosiddetta “Questione del Marocco”, e più in generale dalla sconsiderata politica coloniale dei governi occidentali, che avrebbero trascinato l’Europa nella Prima Guerra Mondiale.
“Quest’Arte di essere povero – spiega Roberto Azzurro – è la conferenza/spettacolo che lo stesso Boni sembra aver messo su, in quegli anni Venti in cui il mondo si disegnava tra cinema muto e teatro/canzone, come un piccolo ma sentito show, per parlare di una vita enfaticamente sfarzosa, dolcemente dolorosa”.
In scena anche Antonio Agerola e Marco Sgamato, accompagnati dalle elaborazioni musicali di Peppe Sgamato.