Fattocchiarie, tra credenze e superstizioni

Renato Aiello

Recentemente un episodio di intolleranza omofoba, verificatosi a Napoli nei Quartieri Spagnoli, è diventato virale sul web (e in particolare sui social) nel giro di poche ore tra video parodie e meme satirici: lo sconcerto di un’anziana suora davanti a un bacio (per finta) di due ragazze impegnate in uno shooting di lavoro – come sottolineato poi nelle riprese dagli operatori sul set – e il gesto per separarle in nome della fede e contro ogni peccato e il diavolo stesso.

Grottesco e surreale, come se certe persone avessero vissuto finora in una capsula del tempo, una bolla più efficace di qualsiasi restrizione anticovid (virus che secondo l’anziana sorella stenta ad andarsene anche perché si va poco a messa, rimprovero rivolto alle attrici e che si sente a fine registrazione). E in una capsula del tempo ci porta anche il talentuoso attore flegreo Marco Sgamato con lo spettacolo “Fattocchiarie”, prodotto da Componium Teatro e andato in scena domenica 24 luglio scorso alle Terme Stufe di Nerone a Pozzuoli per l’undicesima edizione di “Teatro alla deriva”, ultimo appuntamento di stagione della rassegna ideata da Ernesto Colutta e diretta da Giovanni Meola.

Una scena

Bastano la zattera nel laghetto circolare del complesso termale, un antico candelabro acceso su un tavolo e una serie di maschere e costumi ad hoc per interpretare preti, Madonne sopra le righe, fattucchiere e arcivescovi, e per trasportare così lo spettatore indietro nel tempo fino al ‘600, tra superstizioni religiose, eresie e le abiure delle famose streghe di Capua. Storie vere di oscurantismo che vanno a braccetto, grazie allo sferzante humour di Sgamato e a massicce dosi di ironia, coi luoghi comuni legati alla visione dell’omosessualità nella società attuale, riproposti in un divertentissimo carteggio tra l’apprensiva madre di un ragazzo gay e l’accigliato presidente dall’accento tedesco di un’associazione che ha l’obiettivo di curare e convertire gli omosessuali (e il cui nome è tutto un programma: “Analo”). Si assiste praticamente a tutte le dichiarazioni tanto care ai politici cattolici nostrani e agli esponenti del Family day, alfieri della famiglia tradizionale. Sgamato ha adattato il testo e ha diretto sé stesso in questo “one man show” frizzante e cinico, una “stand up comedy” a tratti paradossale che spinge agli estremi il rapporto tra sacro e profano e mette alla berlina la moralità comune fatta di contraddizioni e arabeschi soffocanti per chi vuole vivere ed essere libero, ieri come oggi. Del resto, come sosteneva Ennio Flaiano, “in Italia la linea più breve tra due punti è l’arabesco”, e persino le recenti crisi politiche e di governo lo dimostrano. Demoni, stregonerie, sodomia e l’ipocrisia della Chiesa accompagnano la vita delle persone di secoli fa come di quelle (purtroppo e ancora) di oggi, con buona pace di chi nel nuovo millennio vorrebbe un revival reazionario degno del Medioevo, o della suora dei Quartieri che non accetta o non vuole vedere il cambiamento ormai in atto.

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