Fenomenologia dell’insicurezza

Maresa Galli

Una scena (foto di Vito Montemurro)

Al Teatro Elicantropo di Napoli va in scena Come tu mi vuoi lo spettacolo tratto da due racconti di Tommaso Pincio e Christian Raimo, con Giancarlo Luce, protagonista e regista della piéce, ed Ermelinda Nasuto. Presentato dal Teatro delle Forche, il lavoro pone drammaticamente in luce il dramma della precarietà del mondo del lavoro, per i giovani che, a malapena entrati con contratti capestro, vi fuoriescono subito e per i non più giovani, ormai incollocabili, non più spendibili sul mercato – del lavoro, delle vite umane.

Geniale trovata registica che colloca i due protagonisti in tuta da fitness, in costante allenamento e racconto, con gran dinamismo e sforzo. Correre, correre, per migliorarsi, porsi nuove mete – ma per raggiungere cosa? Fenomenologia dell’insicurezza che mostra quanto ormai siano inutili lauree, formazione, solerzia sul lavoro – il capitale umano è completamente svuotato del suo aggettivo. Così una trentenne super impegnata nella ricerca del lavoro, che si serve dell’iter burocratico corretto, è sempre più precaria, sempre più a termine, sempre più. Un cinquantenne che ha già dato tanto all’azienda che non lo ha mai premiato, anzi, corre quotidianamente vicino alla tangenziale, sperando che le auto lo vedano, sperando che il mondo, gli alieni o chi per essi lo vedano. A non avere diritti ci si abitua, come a sentirsi estranei, fuori dai giochi, outsider per dinamiche perverse del mercato – in attesa, forse, di essere sostituiti da robot nel futuro preconizzato da Kurt Vonnegut.

Un finale surreale, per l’homo homini lupus, nell’eterna desertificazione di periferie casermoni che succhiano via l’anima. Bravi gli attori, reduci dal laboratorio con l’Opg di Napoli e con gli allievi di teatro sul metodo brechtiano, che hanno ridisegnato lo spazio scenico adattandolo all’Elicantropo.

 

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