
Un fondale bianco, un spazio scenico bianco con al centro una sedia, bianca, un attore vestito di bianco, è la “cornice” al cui interno s’inserisce la parabola narrativa di IANCU, Un paese vuol dire, l’ultima creazione scenica dei Cantieri Teatrali Koreja, dal 12 al 15 gennaio 2012 al teatro Elicantropo di Napoli.
Scritta a quattro mani da Francesco Niccolini e Fabrizio Saccomanno, che ne è anche l’interprete, IANCU, un paese vuol dire è un monologo di poco più di un’ora, che ripercorre le storie di un intero paese del “profondo sud”, ma racconta anche vicende intime, un intrigo di sentimenti, paure, speranze, ipocrisie, i primi turbamenti del cuore, che coinvolgono e stupiscono.
E’ un racconto che affonda le radici in un Salento abitato da creature che sembrano uscite da una favola e dove la quotidianità è scandita da piccoli e ripetuti gesti. Riporta, attraverso gli occhi di un bambino di otto anni, una giornata che avrebbe potuto cambiare il destino di un’intera comunità, l’evasione del bandito Graziano Mesina dal vicino carcere di Lecce.
Tanti i personaggi rievocati in IANCU, un paese vuol dire: da Antoniuccio che sente da che parte arriva il vento ciucciandosi le dita, al perfido Carmine Mutilato della Grande Guerra; da Angelina che aspetta, con una foto in grembo, il suo innamorato che presto verrà a prenderla a Rosa Parata, una prostituta dal passato doloroso, che va incontro ad un triste destino.