L’atto unico “La Rosa non ci ama” (Carlo Gesualdo vs Maria d’Avalos) dell’autore napoletano Roberto Russo arriva al “Campania Teatro Festival”. Domenica 26 giugno alle ore 22.30, presentato da Lab di Tiziana Beato, al Bosco di Capodimonte-Praterie del Gigante. Il lavoro racconta tra la storia, l’intrigo e la passione dei due noti personaggi, in scena, Cloris Brosca e Gianni De Feo, che ne cura anche la regia.
Un’operazione artistica che conferma la fortunata sinergia tra il commediografo partenopeo e l’interprete e regista romano De Feo cui si aggiunge un’apprezzata protagonista della scena italiana come l’attrice Brosca. Con l’mpianto scenografico e i costumi di Roberto Rinaldi, le musiche originali di Alessandro Panatteri, la consulenza musicale di M. Adriana Caggiano e la consulenza per lo spagnolo di Lorenzo Russo, il lavoro tratto dal testo di Russo, regalerà al pubblico uno spettacolo emozionante.
Nella tenebrosa e misteriosa ambientazione di una storia intrisa di amore carnale e di sangue, con ‘La rosa non ci ama’, attraverso un coinvolgente susseguirsi di riflessioni e stati d’animo, i destini e le vite di Carlo Gesualdo da Venosa e di Maria d’Avalos, si incrociano e si intrecciano nuovamente al di là del tempo e dello spazio nella ricostruzione fantastica di una notte di focoso amore e di delirante vendetta.
«Se Carlo Gesualdo e Maria d’Avalos fossero stati, quanto meno, coevi di Dante – dice Roberto Russo – non è azzardato immaginare che la loro vicenda avrebbe potuto essere parte dell’Inferno della Comedia. Ispirato da questa suggestione, ho strutturato inizio e fine del testo su terzine incatenate e l’intero impianto drammaturgico è quello di una bolgia infernale popolata da personaggi tragici e grotteschi. Il duplice omicidio di Piazza San Domenico, avvenuto nella notte fra il 16 ed il 17 ottobre del 1590, è un must narrativo e, suo malgrado, mitizzato. Amaro è infatti il destino dei protagonisti che, a distanza di secoli, sono ancora oggetto di pettegolezzi, invenzioni, morbosità, giudizi trancianti e pregiudizi».
«Ho privilegiato – scrive dal canto suo De Feo – un’atmosfera notturna da cui, come barboni, emergono due personaggi. Sarà l’azione scenica a riproporre, in una ritualità ossessiva, le figure di Carlo e Maria. La regia alterna fra colori e musica, personaggi infernali, grottesche figure sul proscenio dell’orrore».