Da sempre il suo teatro si rivolge all’impegno civile e affronta temi forti e scomodi, cercando, e riuscendoci, di portarli all’attenzione dei giovani in un’epoca di “teatro gastronomico” e di cartelloni incentrati sui nomi piuttosto che sulle proposte. Giovanni Meola, drammaturgo, sceneggiatore, regista teatrale e cinematografico della nuova generazione, ormai affermato, presenta il suo nuovo progetto.
Come è nato ‘Teatro Deconfiscato’?
“Il progetto, di cui ho firmato format e direzione artistica, era nella mia testa da diversi anni. Abbinare cioè spettacoli in grado di narrare in un certo modo (attraverso narrazioni e personaggi molto diretti, proponendo quindi un teatro secco, senza troppi fronzoli) le mafie principali di questo Paese, mettendoli in scena in beni confiscati non ancora assegnati, quindi ancora in un limbo nel quale il cittadino medio non può comprendere se quel manufatto è ancora del clan o se è davvero passato allo Stato. Ecco, quest’abbinamento era alla base della mia idea e ci ho messo un po’ di anni a far appassionare a questa cosa, in fondo semplice, l’amministrazione comunale di Afragola. Dato che i beni confiscati non ancora assegnati vengono ‘parcheggiati’ nelle disponibilità comunali!.
“L’Infame”, a sua firma, una storia di camorra, “Panenostro”, di Rosario Mastrota, una storia di ‘ndrangheta e “U parrinu” di Christian Di Domenico, una storia di mafia, sono stati i tre spettacoli andati in scena all’interno di una tenuta da molti anni in attesa di assegnazione e riutilizzo. Come sono andati gli spettacoli e come avete gestito l’organizzazione in uno spazio completamente abbandonato a se stesso?
“Sono sincero: organizzare una rassegna, invitando spettacoli e compagnie praticamente sconosciute sul territorio, per di più all’interno di un manufatto altrettanto sconosciuto alla maggioranza della popolazione, situato in mezzo alle residue campagne al confine tra Afragola e Casoria, terre e comuni dove il deserto culturale è la regola, purtroppo, in quanto a progettualità, spazi e volontà politico-sociali, era una vera follia, una sfida al confine con il velleitarismo. In quel sito non c’era (e non c’è ancora) corrente elettrica, né servizi igienici. Ho e abbiamo dovuto organizzare logisticamente tutto, ancor prima che artisticamente. Ebbene, a fronte dei pochi coraggiosi che immaginavamo avrebbero intrapreso la strada di questa particolare location, ci siamo ritrovati di fronte a un pubblico numerosissimo, triplice rispetto alle nostre migliori previsioni. E sinceramente, al di là di ogni considerazione legata alla nostra, evidente, soddisfazione. E’ proprio questo il dato per me fondante e fondamentale: c’è fame, tantissima fame, di una cultura slegata appunto dai ‘nomi’, ma attenta invece a una progettualità di ampio respiro, che comprenda tendenze e storie, volontà di conoscenza e capacità di affabulazione, teatro in grado di emozionare nel profondo e non solo di agire sulla superficie”.
Quali sono i prossimi programmi?
“I progetti in cantiere sono diversi, a dire il vero. Oltre ad esportare ‘Teatro Deconfiscato’ (alcuni comuni lombardi si sono detti interessati), e oltre a riportare sulla scena diverse mie regie degli anni passati (da “L’Infame” e “Il Confessore” a “L’Internazionale” di Bracco), sono due gli spettacoli nuovi che vedranno la luce quest’anno, entrambi abbastanza diversi dagli ultimi. Innanzitutto, a fine stagione, debutterà uno spettacolo interamente senza uso di parole, dal titolo provvisorio “Sullo Stesso Pianerottolo”. Molto più a stretto giro, invece, avverrà il debutto del mio libero adattamento, dall’omonimo libro campione di vendite a firma di V.Imperatore (ed. Chiarelettere), di “Io so e ho le prove”, nel quale, a distanza di molti anni dalla mia ultima volta, torno anche direttamente sulla scena come interprete. In più, pur trattandosi di un monologo, avrò al fianco una musicista-rumorista, al fine di dare forma ‘particolare’, e diversa da quanto fatto finora. Allo spettacolo, il cui tema portante riguarda il mondo delle banche e gli sfaceli fatti nel corso dello scellerato ventennio che parte dalla metà degli anni ’90. Il mondo appunto che ha raccontato e svelato dal di dentro Imperatore e che io cerco di veicolare attraverso il mezzo teatrale. E devo ammettere che sono il primo ad essere estremamente curioso di valutare l’impatto di tutte queste novità sul pubblico, quando debutteremo”.
E c’è una novità.
“Sì. A margine di tutto questo, stiamo per firmare un contratto con una casa editrice con distribuzione nazionale che pubblicherà un primo volume di mie opere teatrali: approdo fondamentale per la mia scrittura, che si divide tra italiano e napoletano e che mi permetterà di poter fare un primo, importantissimo, pit-stop nella mia carriera di drammaturgo, cosa di cui sentivo un estremo bisogno. E poi, ancora, progetti di letture drammatizzate e il cinema, con un film documentario lungometraggio in fase di pre-produzione e, a breve, la fine della lavorazione del mio debutto nel campo dell’animazione con “The Flying Hands”, un corto con collaborazioni internazionali di cui firmo sceneggiatura e regia, una cosa totalmente diversa da tutto quello che ho fatto finora”.