Michele Guardì

Anita B.Monti

Una scena
Una scena

Ha impiegato dieci anni per scriverlo, ma i risultati sono straordinari. Michele Guardì, tra un momento libero e l’altro, nelle poche pause tra una trasmissione e l’altra (“I fatti vostri”, “Pomeriggio in famiglia”, “Domenica in” e non solo) ha offerto la sua passione di sceneggiatore e di regista a un autore “amato da ragazzo”, a Manzoni e ai suoi I Promessi sposi. Trasformando il celebre romanzo, spesso odiato dagli studenti, in opera lirica moderna, ha creato una messinscena potente ed emozionante. Lo dicono i numeri: Oltre 300 repliche e tre milioni di spettatori in quattro anni, superando tutte le aspettative.

Lo spettacolo ritorna a Napoli, per la seconda volta, al teatro Palapartenope dal 25 al 29 novembre, in serale  e  in  mattinata, con l’immensa scenografia e una numerosa compagnia. Dieci attori per tredici ruoli, venti ballerini-coristi, che danzano e cantano sulle coreografie di Luciano Cannito e sulle note doriginali composte da Pippo Flora.

Guardì, come spiega un tale successo?

“Non saprei individuare il motivo, però mi accorgo che con il tempo gli artisti sono così dentro ai personaggi da offrire una comunicazione quasi fisica, c’è una simbiosi tale col pubblico, che alla fine canta con loro, fa la Ola, inneggia”.

Che operazione ha compiuto sull’originale?

“Non ho inventato niente, ho lavorato nel pieno rispetto del Manzoni che da ragazzo ho amato molto. Ho umanizzato Don Rodrigo, immaginando il suo amore per Lucia in maniera poetica, che le parli mentre lei appare in una nuvola di fumo. Ho fatto esprimere a parole dalla monaca di Monza i suoi pensieri, rivolgendosi a un crocifisso proiettato Ho aggiunto alcuni proverbi milanesi mettendoli in rima, e un pezzo in dialetto lombardo, perché credo che i sentimenti popolari si esprimano in maniera più forte in vernacolo. Ma nello stile manzoniano”.

La musica accompagna tutta l’opera?

“Sì, si tratta di una vera e propria opera lirica, non è pop. Mentre scrivevo pensavo al Manzoni, chiedendomi se gli sarebbe piaciuto il mio lavoro. La partitura è importante come il testo, senza, lo spettacolo non sarebbe lo stesso. Ho conosciuto e apprezzato il musical nella sua patria, Broadway, ma ho fatto un lavoro diverso”.

Per la regia ha utilizzato impianti scenici grandiosi, che in un teatro tradizionale non si sarebbero potuto usare.

“Ho voluto la pioggia vera, la barca per “L’addio ai monti” parte con leggerezza su un lago di fumo, le case si muovono come giocattoli. Ho inteso rendere teatralmente la grandiosità del racconto. I costumi di Alessandro Lai mantengono i riferimenti storici. “Colori e tessuti sono meravigliosi, ricordano un quadro del Mantegna”.

Un testo classico, una storia d’epoca ma dai temi intramontabili: amore, potere, giustizia, fede.

“Lo faccio dire all’inizio dall’intera compagnia schierata in scena, che spiega questo concetto, legando il passato al presente”.

Dice di averne fatto un lavoro internazionale, in che senso?

“La musica è un linguaggio mondiale, se è bella funziona dappertutto. Ho avuto richieste dall’America, da Londra, ma dovrei trasferirmi per lavorare là e non intendo lasciare i miei impegni televisivi in Italia. Però, in Cina ne trasmettono in televisione la ripresa teatrale con grandi ascolti”.

Napoli vi ha fatto una bella accoglienza. Che rapporto ha con il pubblico?

“I napoletani sono di bocca buona e istintivi, se lo spettacolo non gli piace lo fa capire subito stando in silenzio e non applaudendo. Invece ci ha tributato un successo generoso. Una gratificazione che ci dà ancora più piacere a venire in questa meravigliosa città”.

In scena: 

La compagnia
La compagnia

Renzo, Graziano Galatone

Lucia, Noemi Smorra

Agnese, Brunella Palatnia

Don Abbondio, Salvatore Salvaggio

Perpetua/La Madre di Cecilia, Chiara Luppi

Fra’ Cristoforo-Il Cardinale Borromeo, Christian Gravina

L’innominato, Vittorio Matteucci

La Monaca di Monza, Rosalia Misseri

Egidio, Enrico D’amore

L’avvocato Azzeccagarbugli e il Conte Attilio, Cristian Mini

Con la partecipazione straordinaria di Giò Di Tonno nel ruolo di Don Rodrigo

Il Griso Vincenzo Caldarola

e con Lorenzo Praticò, Giorgio Careccia, Daniele Barletta

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