I Sud: madri dal mondo diventano attrici

Anita B.Monti

Napoletane, nigeriane, ucraine, keniane per la prima volta diventano attrici, a conclusione di un percorso che le ha coinvolte negli ultimi cinque mesi con il laboratorio teatrale I Sud, realizzato nell’ambito delle attività di Sostegno alla Genitorialità del Progetto “Si Può!”. Selezionato dall’Impresa Sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. I Sud è lo spettacolo a cura di Alessandra Cutolo in programma il 9 giugno alle ore 18, al Teatro San Ferdinando di Napoli.

Le donne, tutte madri di diverse nazionalità, sono state coinvolte attraverso le attività dell’Associazione IF-ImparareFare, in un quartiere popolare e sempre più caratterizzato dalla multiculturalità.

Un momento del lavoro

I laboratori hanno previsto attività finalizzate al superamento della naturale difficoltà a condividere situazioni di vita personale. O semplicemente alla costruzione di un sistema non precostituito, ma multiforme e multiculturale in continua evoluzione in cui tutte sono protagoniste e si sostengono. Attraverso la lettura, la traduzione, la rappresentazione delle scene, le partecipanti hanno lavorato su loro stesse, sull’identificazione col proprio vissuto, sull’elaborazione di esperienze dolorose del passato, per costruire una vera comunità interculturale.

Il racconto”L’Ambasciata Americana” di Chimamanda Ngozi Adichie – spiega la regista – è una storia di ordinaria follia, una tragedia africana ambientata a Lagos, in Nigeria. Protagonista una donna in fila per ottenere un visto per gli Stati Uniti. Tre uomini, entrati in casa sua alla ricerca del marito, le hanno ammazzato il figlio con un colpo di pistola partito per errore. Una giovane vita spezzata.

I Sud del mondo hanno degli elementi comuni. Storie con situazioni simili accadono spesso a Napoli, una città con troppe pistole in circolazione. Più di una volta le donne migranti che arrivano in Europa e si presentano davanti ai funzionari delle Commissioni territoriali, faticano a trovare le parole per raccontare le tragedie di cui sono state protagoniste. Chi attraversa il Mediterraneo per cominciare una “vita nuova”, spesso assume un nuovo nome e cerca di lasciarsi alle spalle il dolore attraversato. E il Teatro, più che mai, si rivela uno spazio privilegiato in cui elaborare un trauma riguardante la collettività e non solo le singole storie, attraverso il velo della finzione letteraria, la verità, la potenza dei corpi in scena, attraverso il canto e la danza. Un trauma che riguarda sia chi fugge sia chi accoglie”.

 

 

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