Una bella, divertente ed elegante opera approda per la prima volta al Teatro di San Carlo di Napoli, “Il Cappello di paglia di Firenze”, farsa musicale in quattro atti di Nino Rota su libretto del compositore stesso, scritto a quattro mani con sua madre Ernesta Rinaldi. L’allestimento è della Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari.
Capolavoro teatrale del compositore, è l’unica opera comica di successo del Novecento italiano dopo “Gianni Schicchi”. Tratta dalla commedia “Le Châpeau de paille d’Italie” di Eugène Labiche e Marc Michel, definita “una rivoluzione nel vaudeville” per ritmo e freschezza delle vicende narrate, racconta una folle journée nella Parigi della Belle Époque, in ambiente alto borghese, all’inseguimento di un cappello di paglia che non è più, mangiato dal cavallo del protagonista, Fadinard, giovane agiato (Pietro Adaini e Filippo Adami). Sul podio a dirigere Orchestra e Coro del San Carlo Valerio Galli. Firma la regia Elena Barbalich, le belle, raffinate scene (lampadine incorniciano il sipario ricordando l’operetta) e i ricercati costumi Tommaso Lagattolla.
Bravo e affiatato il cast composto da Gianluca Buratto e Domenico Colaianni (nel ruolo di Nonancourt), Anna Malavasi e Eufemia Tufano (la baronessa di Champigny), Zuzana Marková (Elena), Bruno de Simone e Matteo D’Apolito (Beaupertuis), Anna Maria Sarra e Fulvia Mastrobuono (Anaide), Dario Giorgelè (Emilio), Marco Miglietta (lozio Vézinet), Daniela Mazzucato (una modista), Roberto Covatta (Felice), Massimiliano Chiarolla (Achille di Rosalba).
Scritto da Rota nel ‘45 e andato in scena nel ‘55 al Teatro Massimo di Palermo, questo gioiello di teatro musicale riscosse grande successo tanto da essere ripreso nel ’56, ’57 e nel ’58, alla Piccola Scala di Milano per la regia di Giorgio Strehler, nell’87 a Reggio Emilia a firma di Pierluigi Pizzi, nel ’96 a Catania e in seguito anche all’estero. I bombardamenti di Milano, nel ’43, distrussero completamente l’appartamento di famiglia dei Rota costringendo la madre Ernesta a raggiungere Nino a Bari poiché la Puglia era già fuori dal conflitto. Il compositore viveva nel borgo marinaro di Torre a Mare, accanto a cari amici esponenti della cultura cittadina. Qui nacque “Il cappello di paglia di Firenze”, “per divertimento e per il gusto di cimentarsi in un’opera buffa, comica, quasi operettistica”.
La storia, ambientata nella magica atmosfera parigina, si basa, come nella migliore tradizione del vaudeville, su equivoci, colpi di scena, scambi di persona e immancabile happy end. La musica, leggera, intensa, briosa, coinvolgente, si ispira anche all’opera buffa, all’operetta, al cinema per il quale Rota ha scritto pagine memorabili.

La brillante partitura rimanda a Mozart e a Verdi, a Mascagni e a Puccini. L’Intermezzo tra i primi due atti ha per protagonista il coro delle modiste che Rota aveva inserito nell’Ouverture, a sua volta citazione della Cavatina di Rosina nel “Barbiere di Siviglia” di Rossini. Lo scoppio del temporale è un topos dell’opera ottocentesca, in primis rossiniana e mostra echi della Cavalcata delle Valchirie; la scena del concerto di Fadinard/Minardi a casa della Baronessa, che cita “La vedova allegra”, mostra l’apprezzamento per la musica italiana nel 1851 a Parigi. Un clown con la tromba, all’inizio del terzo atto, attraversa la scena, memoria felliniana. Tante le citazioni musicali reinventate nello stile onirico di Rota, con la sua scrittura dal forte senso drammaturgico, dinamica, perfettamente costruita per orchestra e voci.
Ottima prova del giovane direttore d’orchestra viareggino che esalta la linea melodica e la ritmica dei concertati, restituendo tutto il fascino dell’opera, ben cantata e soprattutto ben recitata. Il pubblico tributa convinti applausi.