Il Gladiatore 2, Ridley Scott torna nell’arena

Renato Aiello

Paul Mescal, il nuovo Gladiatore

Dall’uscita nell’ormai lontano 2000 del Gladiatore di Ridley Scott, Oscar al miglior film e al suo protagonista Russell Crowe e successo di critica e pubblico mondiale, sono trascorsi 24 anni.

In questo lasso di tempo il genere peplum ha ritrovato nuova linfa con pellicole e franchise a tema mitologico, c’è stata la doppia trilogia dell’Anello tratta dai libri di Tolkien e altri successi planetari come la serie tv Il Trono di Spade, rimanendo sempre nell’epica d’autore.

IL NUOVO GLADIATORE

Questo abbondante ventennio si riversa nel Gladiatore 2, eppure sono due decenni che Ridley Scott non indovina più il film giusto. E nemmeno stavolta è tornato a quello splendore di fine secolo e inizio nuovo millennio. Forse per Ridley Scott sarebbe il caso di appendere il ciak al chiodo e ritirarsi in pensione, del resto anche Francis Ford Coppola non ha azzeccato il suo grande ritorno sul grande schermo con Megalopolis, rivelatosi un grande flop al botteghino.

GLI ATTORI

Il Gladiatore 2

Il Gladiatore II (se vogliamo usare i numeri romani, al netto delle scritte nel film che mescolano latino e inglese nel III secolo d.C.) non corre quel rischio al box office, ma sicuramente quello di deludere alcuni fan del primo episodio, se si volesse restare nel perimetro dei confronti.

O in generale di chi si aspettava qualcosa in più dal regista sempre candidato agli Oscar e mai vincitore, da un doppio premio Oscar come Denzel Washinghton (bravo, forse l’unico a brillare, con buona pace dei detrattori del Macrino dalla pelle nera), da Connie Nielsen, Pedro Pascal e da un candidato giovane alla statuetta come l’irlandese Paul Mescal.

PAUL MESCAL

Il primo Gladiatore

Biondino, occhi di ghiaccio, in realtà batte un cuore romano nel petto muscoloso del barbaro Annone/Mescal (primo spoiler, anche se in rete si aggirano come gli squali nel Colosseo inondato), avendo ereditato il ruolo di Lucio Vero Aurelio, chiamato principe di Roma senza alcun rispetto del vero significato del princeps romano (come nel primo film d’altronde): è figlio dell’Augusta Lucilla, nipote dell’ultimo imperatore buono dell’Urbe, Marco Aurelio, quello ucciso dal perfido figlio Commodo e vendicato poi dal generale Massimo Decimo Meridio, come ricordano i titoli di testa.

L’IMPERO DEI SEVERI

Nella Capitale del più grande e organizzato impero dell’antichità ormai regnano i due imperatori fratelli della nuova dinastia dei Severi, Geta e Caracalla, degni epigoni di Nerone nel trucco mutuato dall’iconografia classica.

Vengono liquidati subito, nemmeno il tempo di edificare le famose terme da parte del secondo fratello che ricorda anche Caligola per la famosa storia del cavallo, sostituito qui da una scimmietta nominata console.

A proposito di scimmie, ci si chiederebbe da quale pianeta e da quale galassia lontana lontana – piuttosto che da una provincia – vengano le scimmie aggressive dai denti aguzzi che lottano nelle arene di Ostia e Anzio, rigorosamente in CGI ma irrealistiche in quanto a mostruosità.

SQUALI NEL COLOSSEO

Sorprende poi come con 18 secoli di anticipo sul film Under Paris, che raccontava su Netflix di uno squalo nella Senna, anche dal Tevere (si suppone) provengano gli squali delle naumachie imbastite nell’Anfiteatro Flavio.

Scott sacrifica tutto sull’altare dell’eccesso, degli effetti speciali, relegando gli affetti invece a poca roba spicciola, quasi forzata e incastrata tra una congiura e un tumulto nella Caput Mundi. Mescal cita Virgilio ma odia la città della lupa che gli ha ucciso la moglie in Africa, salvo poi cambiare idea per inseguire il sogno del nonno, l’incipit evoca la battaglia contro i barbari nella foresta con l’attacco via mare in Numidia, nutrito poi di incomprensibile senso di colpa umanitario: una noia di trama che riecheggia nell’eternità.

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