La scena dello spettacolo, si presenta come una grande scatola interamente bianca, indefinita e assoluta, al centro della quale campeggia una piattaforma sospesa, su cui è allestito, completamente in nero, l’ufficio del giudice Abrahmsson. E’ l’ambientazione scelta da Alfonso Postiglione per la messinscena de Il rito, in scena al Teatro San Ferdinando di Napoli, dal 27 febbraio al 3 marzo 2024. Con Elia Schilton (Giudice Ernst Abrahmsson), Alice Arcuri (Thea Winkelmann), Giampiero Judica (Sebastian Fischer), Antonio Zavatteri (Hans Winkelmann). Scene di Roberto Crea, costumi di Giuseppe Avallone, musiche di Paolo Coletta, disegno luci di Luigi Della Monica.
Lo spettacolo è tratto dal testo originale integrale, da cui Bergman sviluppò in seguito la sceneggiatura dell’ultimo film in bianco e nero e si sviluppa in nove quadri. Ambienti chiusi e definiti, per affrontare un doppio tema: quello della censura “subita spesso da Bergman ai suoi tempi, ed oggi strisciante in maniera sempre meno latente tra le pieghe più varie del nostro vivere sociale. – scrive il regista –Ma ancor più quello dell’impossibilità di contenere la potenzialità destabilizzante dell’atto artistico, votato a stanare le verità dell’essere umano, a rischio anche della morte”.
IL PLOT
Tre attori di teatro di varietà (i coniugi Hans e Thea, e Sebastian, amante della donna) sono stati denunciati per l’oscenità presunta di un numero del loro ultimo spettacolo. Un giudice incaricato, il Dott. Abrahmsson, li interroga per decretarne l’eventuale condanna. Dai colloqui con gli artisti si scoprono soprattutto le ambigue articolazioni dei rapporti tra i tre attori, oltre la discutibile natura dello stesso giudice. L’uomo, infatti, non riesce a farsi un’idea chiara della faccenda e finisce per assistere alla performance allestita nel suo stesso ufficio, al termine della quale subirà conseguenze fatali.
La performance dei tre artisti si rivela una sorta di rito dionisiaco dalle chiare valenze simboliche, in cui la forza della creazione artistica vince sui tentativi di censura e normalizzazione di una qualsivoglia autorità, politica o sociale.