(
Prediligono il teatro-canzone perché è “quello maggiormente legato alle modalità di fruizione del pubblico dei nostri tempi”. Ma I Virtuosi di San Martino, gruppo musicale (flauto traverso, violino, violoncello, chitarra) e recitante, ha introdotto nel genere un uso “tragico” del Coro, rifacendosi sia ai poeti del grande teatro greco, sia all’opera lirica, sia però anche ai Beatles, a Zappa e ad altri.
Da vent’anni ormai il gruppo partenopeo unisce cabaret, musica e teatro, mescolando i generi, sbeffeggiando la musica e la lingua quando diventano luoghi comuni, proponendo uno stile personale che ha dato vita a brani e canzoni divenuti classici. ‘O cineasta napulitano, So’tribbale, Il calipso del vegetariano, Alzati e cammina, Auguri per la macchina nuova sono i pezzi più gettonati. Loro stesso lo definiscono “Teatro-Musica-Frankenstein”, ovvero un teatro musicale che“smembri corpi di cadaveri musicali e teatrali per ricomporre una mostruosa macchina comica”. L’ensemble, composta da Federico Odling, Vittorio Ricciardi, Antonio Gambardella, Dario Vannini, Roberto Del Gaudio (cantante e autore dei testi) sarà in scena al Nuovo Teatro Sancarluccio di Napoli per le festività natalizie (dal 25 dicembre al 6 gennaio 2015) con il concerto-spettacolo d’esordio: Nel nome di Ciccio, dedica spassionata ed esilarante al grande avanspettacolo e in particolare a Nino Taranto e al suo celebre Ciccio Formaggio alle prese con la sua Luisa e il terzo incomodo.
“E’ una passeggiata incerta tra varie impossibilità: innanzitutto quella linguistica. – scrive nelle sue note di regia Roberto Del Gaudio – Gigi Pisano, con la sua lingua decaduta, disvela attraverso una serie di pretesti tematici d’accatto come la crisi di un tipo sociale possa tradursi in balbuzie, come sussista una preoccupante identità tra il dire tutto e il dire niente. I tradimenti, gli amori, le piccole tristezze, il misero porno dei doppi sensi, vengono riconnessi attraverso la frantumazione sonora del loro senso alla rappresentazione di un declino: la fine del piccolo borghese del Novecento”.