
Letteratura e teatro, come da qualche anno progetta lo Stabile partenopeo per la Sala del Ridotto. Per la nuova stagione, la saletta al primo piano del Teatro Mercadante di Napoli ospita Ritorno a Pompei, il romanzo della 50enne scrittrice belga Amélie Nothomb adattato per la scena da Alessandro Maggi, in programma dall’8 al 13 novembre 2016.
Basato su un dialogo serratissimo e sull’apparente assurdità di un viaggio avanti nel tempo, Ritorno a Pompei è interpretato da Anna Ammirati e Alberto Fasoli.
In scena una “giovane scrittrice del nostro tempo (Lei), ambiziosa e tenace, catapultata improvvisamente nel futuro a causa della sua paradossale intuizione su un presunto ‘movente’ dell’eruzione vulcanica che distrusse Pompei nel 79 d.C., che si trova al cospetto di un uomo netto e fortemente persuasivo (Lui), fervente fiamma di una ‘intellighenzia altra’ che è al vertice dello stato sociale di un plausibile ventiseiesimo secolo e che è causa del suo forzato slittamento temporale”.

Il regista nelle note scrive: «Stoccate dure e consapevolmente motivate le battute dei personaggi in un crescente confronto avidamente vissuto a colpi di ragionamento e indagine emotiva. Le tematiche sollevate appaiono quindi in una doppia natura, proprio perché il disequilibrio provocato dal collasso del piano temporale provvede in qualche modo a ‘giustificarle’ nell’ambito della coscienza di lei e a ‘sanzionarle’ nello strutturato modus vivendi di lui. È una partita duplice: da un lato la pressoché razionale indignazione di una donna del “passato”, trasportata in un tempo (o forse in una presa di coscienza) in cui per forza di cose è rappresentante della preistoria e in cui non ha mezzi di difesa, e dall’altra il presuntuoso o forse dovuto giudizio di un uomo del “futuro” di cui, paradossalmente, le acquisite strutture mentali divengono legge e contrappasso al tempo stesso. La conseguenza è l’indagine su questo Livello Zero; un ‘presente’ atipico, piano d’azione per i due attori sul quale il loro ritmato scontro, un amplesso dialogico esaltante, a tratti ironico e non poco feroce, non è altro che bilanciere di un passato – Presente e di un Presente – futuro, dai quali entrambi, sono necessariamente attratti e che al contempo, entrambi repellono. Dunque non un poco totalizzante scarto ideologico tra vecchio e nuovo, ma un improvviso incontro giocato verosimilmente sul piano dello sviluppo del potenziale, posto esattamente tra il “ciò che si è compiuto” e il “ciò che si potrà compiere”. La domanda non suppone, ma resta, precisa, nei silenzi dei personaggi, anticamere di cognizione: di che cosa, ognuno, è oggettivamente responsabile? Di ciò che è stato o di ciò che sarà?».