LA SAGGEZZA DI UN DANDY

Maresa Galli

L’arte di essere povero”, per la drammaturgia di Massimiliano Palmese, interpretato e diretto da Roberto Azzurro in scena al teatro Il Primo di Napoli, è tratto dall’autobiografia di Boniface de Castellane. Il “Re di Parigi”, primo, autentico dandy della Belle Epoque, non poteva avere migliore interprete teatrale di Roberto Azzurro, autore, regista e impareggiabile attore. Azzurro, con Antonio Agerola, già apprezzato interprete di spettacoli di Carlo Cerciello,e Marco Sgamato, racconta attraverso la biografia del celebre dandy uno spaccato di vita dei primi anni del ‘900, fino allo scoppio della Prima guerra mondiale, preconizzata dal lucido, acuto conte. Boni possiede una filosofia di vita che non fa una grinza: raffinato esteta, come la sua cara nonna Paulina, si interroga su cosa vogliano le donne, sulla ricchezza e sulla povertà, sul bello e il piacere del superfluo, ma anche sull’umana sopraffazione, sulle ingiustizie, sul colonialismo di rapina dei popoli del terzo mondo. Costretto dalla necessità (“non ero povero, ma un ricco senza soldi”, dirà) a convolare a nozze con “la nana”, la bruttissima ereditiera americana Anna Gould, ne esaurisce il cospicuo patrimonio nell’acquisto di ville, castelli, abiti raffinati ed eccentrici, vita mondana, cavalli e quant’altro richieda la vera nobiltà. Esiste una differenza, insegna Boni ai figli che alla fine ne apprezzeranno l’animo, tra il bello ed il sublime poiché niente è più indispensabile del superfluo e il denaro deve essere come il letame, da spargere perché produca frutti…

Perle di saggezza di wildeana memoria, nell’impiego di aforismi, di battute sarcastiche che rivelano sapienza di vita e insofferenza da intellettuale, con stoccate ai governanti dell’epoca incapaci di evitare la corsa al colonialismo, di sfruttare altri popoli con il pretesto di civilizzarli. Boni non è solo amante di belle maniere, abiti eleganti, salotti mondani, ma ha anche grande intuito politico. Negli anni bui nei quali gli uomini si combattono ha nostalgia degli anni d’oro del Ritz, dei lunghi ed esotici viaggi, delle feste al suo Palais Rose. Onorato dell’amicizia di D’Annunzio, di Sarah Bernard, capricciosa diva, ricorda con commossa gratitudine solo la nonna Paulina, raffinata e snob al pari suo, l’unica che ne condivideva l’animo. “La Terra è un posto troppo affollato per essere davvero elegante”, riflette Boni quando pensa alla vita come a un’opera d’arte. “La società perdona il criminale ma mai il sognatore”, rivela l’uomo più elegante d’Europa, un esteta kierkegaardiano che cerca di raggiungere alte vette e di possedere almeno l’illusione di aver sfiorato il sublime nella triste, meschina vita quotidiana infarcita di cattivo gusto e di cinismo. Almeno lui, malato, costretto da un’encefalite letargica su una sedia a rotelle, può dire di non essersi mai annoiato.

Molto bravi gli attori, belle le elaborazioni musicali di Peppe Sgamato, l’interpretazione di celebri arie di Antonio Agerola. Per Azzurro si deve sottolineare un percorso di scelte coerenti che gli consentono di proporre sempre preziose pagine di drammaturgia contemporanea, di farsi interprete degli autori che mette in scena con dedizione e pignoleria, sottolineando finanche le sfumature dei personaggi ai quali dà vita.

 

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