La scoperta di sé tra fede e amicizia

Renato Aiello

La vostra Italia è una terra di culti antichi, ricca di forze naturali e soprannaturali e quindi ognuno ne sente l’influenza. Del resto, chi cerca Dio, lo trova dove vuole”. Le parole rivolte a Marcello Mastroianni nella “Dolce Vita” di Fellini sembrano avere peso ancora oggi, soprattutto in una città come Napoli, dove sacro e profano convivono da millenni, e la prova è la storia raccontata nel debutto cinematografico di Silvia Brunelli, “La Santa Piccola”. Tratto dal racconto breve di Vincenzo Restivo, il film esordisce con un piccolo evento “mistico” destinato a segnare fin da subito le vicende e i destini dei suoi protagonisti: una colomba bianca, schiantatasi contro la statua della Madonna in processione nel rione, viene miracolosamente “riportata in vita” dalla giovanissima Annaluce, che diventa in poco tempo la santa piccola del quartiere.

Oggetto di una devozione insistente ai limiti della scortesia, grottesca e a tratti morbosa da parte dei vicini e degli abitanti di zona, la bambina è interpretata da Sophia Guastaferro, attrice in erba già molto intensa coi suoi occhioni azzurri fissi nel vuoto durante i pellegrinaggi casalinghi. E azzurri sono anche gli occhi del fratello maggiore Lino (Francesco Pellegrino), vera spina dorsale della famiglia, data la salute mentale precaria della madre depressa Perla (Pina Di Gennaro): di giorno fa il rider tra scontri col proprietario di casa per gli affitti arretrati e le partite di pallone con l’amico fraterno Mario (Vincenco Antonucci), e di notte è un giovane escort – suo malgrado – per signore mature come l’attrice romana Sara Ricci e persino ragazzi.

Gianfelice Imparato, Don Gennaro

Ed è proprio in una di queste serate in discoteca, tra approcci ed effusioni varie, che scocca in Mario una scintilla, una nuova consapevolezza di sé e del rapporto con Lino, che forse è davvero qualcosa in più di un semplice amico. Il suo percorso tormentato, fatto di silenzi, sguardi persi nel mare di Napoli o rivolti all’amico durante il calcetto, pensieri notturni e domande ingenue fatte a Lino, risulta il più interessante del film, che in Campania sarà in sala per una sola settimana al Duel di Caserta dal 26 maggio 2022. Ma anche la rabbia repressa e implosa di Lino è notevole, dimostrando un’ottima performance da parte di entrambi dopo anni di gavetta a teatro, ora alle prese con il loro primo lungometraggio e per di più con scene di nudo e sesso spinto.

La fisicità attoriale e il ruolo del corpo sono decisivi, cifre essenziali della narrazione che può risultare a momenti un po’ naif, e che mette forse troppa carne a cuocere, perdendo di vista alcuni fili che avrebbero meritato un maggiore approfondimento (peccato ad esempio aver leggermente sprecato il bravo Gianfelice Imparato nel ruolo del prete). Ma l’introspezione e lo scavo psicologico fanno perdonare le piccole sviste, e l’attenzione che i festival internazionali stanno riservando alla pellicola (passata già a Venezia e al Riff di Roma e selezionata al Tribeca di New York) promette bene.

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