La serva del Principe

Maresa Galli

L’universo femminile è dominante in quasi tutte l’opera teatrale di Manlio Santanelli, celebre drammaturgo che ha cambiato per sempre la narrazione, divenuta ineffabile pagina di teatro, surreale, di respiro europeo, originale e inconfondibile.

Nella collana dedicata al Teatro SERIE ORO, ideata e diretta dalla scrittrice e giornalista Anita Curci, per la Kairòs Edizioni, il drammaturgo ha pubblicato La serva del Principe (pagg. 110, euro15,00).

Il “Principe” (cioè Machiavelli) è spiegato partendo dal basso, dalle intuizioni di una donna del popolo, Berta, la Serva, appunto, personaggio quasi goldoniano.

Scrive nella prefazione Antonia Lezza: “come in un gioco di specchi, Santanelli-Machiavelli anticipa in qualche modo la Riforma goldoniana. Rosaura, Mirandolina e Corallina, con qualche differenza, certamente, riescono a porre il personaggio femminile al centro della scena, lasciando spazio al modello di un personaggio virtuoso. Queste donne somigliano a Berta: sanno esprimersi, sono sagge e riescono a operare delle scelte, anche talvolta delicate. Il tutto in forma di dialogo”.

Il dialogo, forma-scrittura adottata dall’autore in “Uscita d’emergenza”, “Regina Madre”, “Per disgrazia ricevuta” e “Il chiodo fisso”, riporta alla memoria un altro suo magnifico lavoro: “Il baciamano”.

Come sempre, un felice intreccio di citazioni colte e nobilmente popolari permeano il racconto, attribuendo registri diversi e contrasti (lingua d’uso e colta, latino e vernacolo, storpiature e citazioni da Seneca e Cicerone, citati da Machiavelli nelle sue opera). Ne viene fuori una lingua teatrale ricca e armoniosa.

L’Autore si augura di vedere “La serva del Principe”, “che ho scritto sulla cultura del Machiavelli, recitata così come l’ho scritta. Credo che potrebbe meritare l’applauso del pubblico”.

Opera ambigua (“Come si spiega, infatti– si interroga Santanelli- che un repubblicano di idee e di militanza scriva un manuale ad uso dei potenti diretto ad ottenere e conservare il Potere?”), viene così risolta dal drammaturgo. Ritiratosi nell’eremo di Sant’Andrea in Percussina, messer Niccolò attende alla stesura della sua opera. Profondamente inquieto, si domanda se il trattato possa costituire uno strumento di educazione e di incoraggiamento alla conquista del potere. Come allontanare i dubbi? Con l’intervento della serva Berta, espressione dell’anima popolare che lo esorta a scrivere anche per spronare le classi subalterne a stare in allerta al paventarsi di una possibile dittatura. Berta, che riesce ad esprimere idee forti sulla corruzione della Chiesa, sui potenti, sulla repubblica e sulla libertà.

Forse Berta, in seguito a questo confronto, non diventerà colta né sarà contraccambiata nel suo amore per un uomo d’ingegno ma avrà, di certo, recato un contributo alla stesura di un capolavoro.

 

 

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