Le ultime parole di Aldo Moro

Redazione

L’insieme delle carte, scritte nei 55 giorni della prigionia di Aldo Moro, compongono il testo del monologo che Fabrizio Gifuni, autore interprete e regista, porta in scena. Da giovedì 15 a domenica 18 febbraio 2024 al Teatro Nuovo di Napoli sarà in scena Con il vostro irridente silenzio.

Asciutto, serrato e implacabile, l’allestimento evoca il clima claustrofobico e violento che ha contraddistinto i giorni tra il 16 marzo e il 9 maggio 1978. I giorni del rapimento di Aldo Moro. Costretto in prigionia, il leader della Democrazia Cristiana scrive.

Sono lettere rivolte ai colleghi di partito, ai rappresentanti delle istituzioni, alla famiglia. E insieme riflette, compone un ampio testo politico, il cosiddetto “memoriale”, che cerca di rispondere alle domande dei brigatisti.

In quei cinquantacinque giorni Aldo Moro è un fiume di parole, di domande, di provocazioni, cui quasi nessuno risponde, cercando anzi di arginarlo, di metterlo a tacere, di mistificare quei testi: Moro non è Moro, veniva detto.

La stampa, in modo pressoché unanime, martellò l’opinione pubblica sconfessando le sue parole, mentre Moro urlava dal carcere il proprio sdegno per quest’ulteriore crudele tortura.

Gifuni nei panni di Aldo Moro (foto Musacchio-Ianniello-Pasqualini)

Con il vostro irridente silenzio attraversa quel memoriale, rievoca quelle parole, incarna quei pensieri. A distanza di oltre quarant’anni, carte alla mano, con una presenza e una profondità straordinarie, l’attore dà corpo allo sdegno dello statista non creduto, non ascoltato, non compreso.

Accanto alla rabbia e alla lucida analisi, vi è però anche spazio per parole più dolci, tenere, affettuose rivolte ai familiari. Il suo desiderio di vita.

Dopo Emilio Gadda e Pier Paolo Pasolini, Fabrizio Gifuni continua la sua interessante e tagliente “antibiografia della nazione”, attraverso quello che definisce «un doloroso e ostinato lavoro di drammaturgia che ora si confronta con lo scritto più scabro e nudo della storia d’Italia».

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