Sulle note di Chopin, Mozart e Ludovico Einaudi, il Reading teatrale leopardiano di Nicasio Catanese, con la partecipazione di Ivan Graziano, porta da 8 anni il poeta di Recanati e il suo immaginario in giro per l’Italia, con successo e vivo interesse, soprattutto da parte dei più giovani. Una cosa che all’apparenza può sembrare insolita, dato lo scarso appeal che sui banchi di scuola riscuote questo “vecchio” gigante del Romanticismo italiano, ribaltata dall’interpretazione intensa e appassionata dei due giovani attori. Catanese e Graziano hanno infatti una marcia in più grazie anche all’approccio adottato e all’esperienza di laboratori e lezioni con giovanissimi aspiranti attori, da cui traggono spunti per i loro progetti. A margine dell’ultima lettura leopardiana, tenutasi al Real Sito di Carditello il 9 aprile 2022, hanno concesso una piccola intervista.
L’attualità del “giovane favoloso” è viva più che mai, soprattutto se leghiamo questi due anni di restrizioni e lockdown alla “dolce prigionia”di Recanati.
Graziano, “Senza alcun dubbio la poesia dell’Infinito sembra scritta appositamente durante il confinamento del 2020 causa covid-19, e non due secoli fa, ma l’aspetto più interessante è che Leopardi ci consegna anche gli strumenti per superare muri e siepi, tutte le barriere fisiche e psicologiche dovute agli incidenti di percorso che possono occorrere all’individuo o a un’intera comunità. Una sorta di psicoterapia ante litteram per superare il dolore”.
Catanese, “Attraverso gli studi sull’Epistolario, sui Canti e sullo Zibaldone mi sembra di incontrarlo ogni volta, rivedendo anche il vecchio me: in un certo senso mi ha salvato in momenti difficili, restituendomi quella voglia di bellezza e amore che cerco di trasmettere con Ivan anche alle generazioni più giovani”.
E a proposito di prigionie, viviamo un’epoca di cancel culture, politicamente corretto e, di recente, anche rigetto e persino rifiuto di una cultura come quella russa, causa conflitto in Ucraina. Che ne pensate?
Graziano, “Orrore allo stato puro, le nostre radici culturali affondano nella Grecia Antica che, per quanto nobile e altissima, nutriva sentimenti di razzismo e superiorità culturale nei confronti degli altri popoli. Dovremmo mettere in discussione anche i greci allora?”
Catanese: “O personalmente non boicotterò mai Checov o Fedor, qualora si dovesse presentare l’opportunità di rifarli a teatro”.