QUANDO NEL WEST LA LEGGENDA DIVENTA REALTA’
Primo Novecento, West degli Stati Uniti. Il senatore Stoddard (James Stewart) torna nella cittadina di Shinbone con la moglie Hallie (Vera Miles) per il funerale dell’amico Doniphon (John Wayne). Intervistato dai giornalisti del quotidiano locale, Stoddard racconta di quando, anni prima, giovane avvocato dell’Est, arriva a Shinbone e conosce Doniphon. Lo scontro tra i due è inevitabile, sia per la diversità delle idee, – Doniphon si affida alla pistola, Stoddard alla legge – sia per l’interesse comune per Hallie, di cui sono entrambi innamorati. Stoddard, nonostante le minacce del bandito Liberty Valance (Lee Marvin), che terrorizza la zona, si ferma nella cittadina, collabora con il quotidiano locale e apre una scuola.
Il giovane avvocato crede di uccidere Valance in un duello e fonda su questa menzogna il successo della sua carriera politica, diventando senatore per la riconoscenza dei cittadini di Shinbone. Ma Doniphon confessa a Stoddard di aver ucciso lui Liberty Valance e di aver nascosto la verità per amore di Hallie, che tra i due uomini sceglie Stoddard. “L’uomo che uccise Liberty Valance” (The Man Whot Shot Liberty Valance, 1962), penultimo western di John Ford, vanta una delle sue migliori sceneggiature, scritta da James Warner Bellah e Willis Goldbeck e basata su un racconto di Dorothy M. Johnson.

Il film è un amaro e malinconico dramma della memoria che, in un lungo flashback, presenta al pubblico la realtà dei fatti e la loro lettura mitica. E fa ripensare, con toni crepuscolari, alla mitologia del west ed alla sua crisi, la cui dicotomia è perfettamente riassunta nella frase del giornalista che intervista Stoddard. “Qui siamo nel West, dove se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda”.
La dicotomia nel film è anche nei diversi caratteri dei due protagonisti, simboli delle due tappe successive della storia americana. Doniphon è un uomo d’azione eroico e solitario, simbolo positivo di un’America primigenia, mentre Stoddard è il cittadino che crede nella legge e nella cultura. Complesso e avvincente, il film, pur girato in bianco e nero e quasi tutto in interni, si discosta dal repertorio visivo tipico di Ford, caratterizzato da scene girate in grandi spazi aperti.

Oltre agli straordinari Vera Miles e Lee Marvin, sono da ricordare, in particolare, un John Wayne in stato di grazia, attore feticcio di Ford e suo compagno di ideali repubblicani. Dalla recitazione spoglia, intrisa di ruvido umorismo. E un formidabile James Stewart, sorprendentemente credibile ed incisivo anche in ruoli d’azione, nonostante la sua apparente fragilità fisica.
I film di John Ford, con la semplicità dello stile, l’unione dello spirito epico con la poesia del “viaggio”, la lotta tra l’individuo e la Storia, la schietta arguzia che tratteggia i caratteri, l’innato senso plastico per l’immagine, lo pongono tra i maestri dell’arte cinematografica. Se per qualche tempo i film di Ford non sono all’altezza della sua consueta produzione, la meditativa complessità di un film come “L’uomo che uccise Liberty Valance”, il suo film più cupo, la riporta ad alti livelli. E’ l’ultimo capolavoro del regista ed il suo ultimo successo commerciale, un’opera fondamentale nella sua cinematografia, nonché una delle massime espressioni del genere western durante gli anni ’60, un classico da riscoprire.