“Quattro anime sopravvissute a se stesse che continuano a respirare tra le macerie di un’ennesima distruzione, muovendosi inconsapevolmente verso un germe di felicità. Questo, in sintesi, il nucleo tematico di questo allestimento”. Così Massimo Maraviglia, autore e regista di Studio perimetrale intorno all’incertezza, in prima assoluta a Napoli al teatro Elicantropo dal 7 al 17 aprile. Con Gianni Ascione, Patrizia Eger, Massimo Finelli, Ettore Nigro.
Lo spettacolo parte da una domanda: che cosa accade se a un certo punto, esperita ogni possibile apocalisse, si provasse ad abitare il vuoto lasciato dalla sparizione di ogni possibile conato di certezza? Da questa domanda se ne genera poi un’altra: e se fosse proprio il bisogno di certezza l’origine di ogni forma di disastro?
“Certezza intesa anche come pietra angolare di ogni rapporto di malinteso potere tra chi dice di poter dare certezza e chi cerca e accetta promesse di certezza: una delle possibili forme della schiavitù. – spiega Maraviglia – Una schiavitù atavica, che prima ancora di regolare i rapporti tra gli uomini, regolò quelli tra uomini e divinità. Scioltisi gradualmente i legami con la metafisica, altrettanto gradualmente la materica, sempre più isterica ricerca di certezza ha corroso ogni possibile forma di felicità: se è vero che ogni infelicità è mancanza ed ogni mancanza si riduce a una mancanza di certezza.
L’unica possibile certezza è quella generata da una fede (o fiducia?) sconsiderata che a noi, gente di questo tempo, è irrimediabilmente interdetta, a meno che non tocchi in sorte (o non si scelga, ammesso che si possa scegliere) la strada della follia o dell’autoesclusione, che porta “al di là” di ogni certezza e/o incertezza”.