“Mary Shelley” di Razzano e Axen

Maresa Galli

Domenica 25 giugno 2023, al Teatro della Verzura della Villa Floridiana di Napoli, è andato in scena “Mary Shelley. La mia vita in pezzi”, monologo di Pier Luigi Razzano, con Euridice Axen, interprete e regista. La storia racconta della fuga della scrittrice e di suo marito, Percy Bisshe Shelley, da Napoli, nel febbraio del 1819, in una notte di temporale e di furia, che evoca la creazione di “Frankenstein”. La celebre “creatura” di Mary. Mary e Percy soggiornano in una casa della Riviera di Chiaia, dopo anni di fuga da creditori fra Parigi, Calais, Lucerna, Ginevra, Roma e Venezia (“abbiamo vagabondato ovunque per raccogliere solo dolore”, dirà).

Mary Wollstonecraft Shelley fugge da un nuovo dolore che si somma ai tanti lutti: la morte della madre e delle figlie a pochi mesi dalla nascita. La chiassosa, allegra città sembra darle, per qualche istante, sollievo, ma la mente corre al suo dolore. “Con te, Percy, e il pianto della bambina”. Percy che annega nel vino, la tradisce, poi scompare per ritornare all’alba. “Ci infliggiamo ferite che curiamo restando insieme”, dice la scrittrice al suo Percy, già sposato e con figli, per lei fonte d’ispirazione. “Ho pensato a una forma di felicità che nasce solo qui a Napoli (…). Invece qui a Napoli sono morta di nuovo”, confida la donna nel suo disperato, poetico, toccante monologo.

Euridice Axen nel monologo

Mary ricorda la popolana che ogni giorno porta loro uova fresche, che non ne comprende la lingua ma il dolore, le notti condivise “a colpi di parole” di Percy con Lord Byron, caro amico conosciuto durante il soggiorno in Svizzera. La madre, Mary Wollstonecraft protofemminista, colta, che nell’Inghilterra del 1790 si batteva per l’istruzione e i diritti delle donne, traducendo Diderot, d’Alembert, vivendo l’amore libero. Primo, straziante dramma della vita di Mary, la morte della madre a dieci giorni dalla sua nascita: “ero stata io a seminare morte”, penserà. Così lei va a vivere con il padre e la sorellastra Claire. Anche Mary sente il sacro fuoco della scrittura, ma sarà l’uomo della sua vita, il poeta Percy Shelley, con il suo sguardo ardente ad accenderla, all’amore, all’arte. Mary torna alla tempestosa notte, in cui, ospiti di Byron, furono invitati dal grande poeta a scrivere una storia di fantasmi. Così lei ebbe l’illuminazione e scrisse il suo capolavoro “Frankenstein o il moderno Prometeo”, una delle opere della tradizione gotica più popolare e influente, scolpita nell’immaginario collettivo.

Altre nubi oscurano la vita di Mary, con una figlia in arrivo, nata da Claire e da Percy. L’amore libero, cosmico, “una figlia alla quale dare i nostri nomi”, dirà Mary a Percy, che si definisce una “sopravvissuta”. In realtà una scrittrice colta e sensibile, capace di cogliere i cambiamenti in atto nella società del suo tempo.

Un lavoro emozionante, nella potente scrittura di Razzano che, con il monologo su Mary Shelley, aggiunge un altro prezioso ritratto alla sua galleria di grandi artisti e scrittori stranieri, che hanno visitato o vissuto a Napoli. La complessità e la fragilità di Mary Shelley sono splendidamente messe in scena da Euridice Axen. Lunghi e meritati applausi alla prima.

(Foto di Salvatore Pastore)

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