Medea al Teatro Grande di Pompei

Anita B.Monti

Approda al Teatro Grande di Pompei, sabato 1 e domenica 2 luglio 2023, alle ore 21, l’allestimento firmato dal regista Federico Tiezzi della Medea di Euripide, affidata alla traduzione di Massimo Fusillo. Lo spettacolo rientra nella programmazione della rassegna Pompei Theatrum Mundi dello Stabile di Napoli. In scena, Debora Zuin (nutrice), Riccardo Livermore (pedagogo), Laura Marinoni (Medea), Roberto Latini (Creonte), Alessandro Averone (Giasone), Luigi Tabita (Egeo), Sandra Toffolatti (il nunzio), Francesca Ciocchetti (prima corifea), Simonetta Cartia (prima coreuta).

Un momento di Medea (foto Aliffi)

Coro: Alessandra Gigli, Dario Guidi, Anna Charlotte Barbera, Valentina Corrao, Valentina Elia, Caterina Fontana, Francesca Gabucci, Irene Mori, Aurora Miriam Scala, Maddalena Serratore, Giulia Valentini, Claudia Zappia; responsabile del coro Simonetta Cartia; i figli di Medea sono Matteo Paguni, Francesco Cutale; con la partecipazione degli allievi e delle allieve dell’Accademia d’Arte del Dramma Antico. Maestro del coro Francesca Della Monica. Le scene sono di Marco Rossi, i costumi di Giovanna Buzzi; il disegno luci di Gianni Pollini.

Medea entra in scena dopo che la nutrice ha narrato come dalla Colchide (Turchia) la principessa discendente dal Sole abbia seguito Giasone a Corinto e là sia stata abbandonata per Glauce, figlia del re Creonte. Si sentono quindi lamenti e urla di Medea, mentre il coro è in scena, finchè la protagonista entra e denuncia la propria condizione, sfortunata com’è in genere quella femminile. Entra Creonte e la esilia, ma lei gli strappa ancora un giorno a Corinto. Incontra quindi Giasone, cui minaccia vendetta, meglio delineata dopo un colloquio con il re di Atene, Egeo, che la ospiterà nella sua città. Dopo avere inviato a Glauce doni avvelenati, che uccideranno lei e il padre, Medea uccide i figli e nega a un Giasone annientato perfino i loro corpi, portandoli con sé sul carro del Sole, verso Atene.

Medea. In scena Laura Marinoni (foto Aliffi)

Ho impostato la tragedia non come una rappresaglia individuale, – spiega Tiezzi – ma come uno scontro fra due diverse concezioni della forza. È un clash fra culture, tra la società tribale e rituale della Colchide e la polis fondata sulla legge. Uno scontro fra una società arcaica e una società post-industriale. Tra Ordine e Disordine.  Medea afferma la superiorità della forza del suo mondo contro quello di Giasone; contrappone la distruzione fisica della famiglia alla distruzione simbolica che le avanza Giasone. In un certo senso, è proprio lei che “vince”: come ha scritto Roland Barthes parlando del marchese de Sade, la lettera vince sempre sul simbolo; l’evento prevale sulla struttura che lo giustifica; il corpo viene prima di ogni metafora. Soccombono i figli, soccombe l’idea stessa del futuro. Resta solo il silenzio.

 

 

 

 

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