“Signori si nasce… e noi lo nacquimo”, con Maurizio Micheli e Tullio Solenghi scena al teatro Bellini di Napoli).
Un chiaro riferimento al varietà e a Totò. E’ vero?
“Nel primo tempo usiamo lo stile della rivista con la citazione a Totò, rendendo omaggio a un genio, un ‘santo’ pari quasi a San Gennaro, e a un genere troppo presto finito in soffitta”.
Che cosa succede nello spettacolo?
“Raccontiamo l’Italia in maniera ironica e divertente, per celebriamo i 150 dell’Unità d’Italia, una ricorrenza poco ricordatae anzi messa in discussione da più parti. E’ Un modo leggero per ripercorrere le tappe della nostra storia fin dai tempi di Adamo, che immaginiamo sia italiano e con l’uomo di Neanderthal parla dell’evoluzione”.
Quali altri personaggi sfilano sul palcoscenico?
“Cristoforo Colombo, Leonardo Da Vinci (che dialoga con l’Uomo di Vitruvio), Casanova (che chiacchiera con la moglie), Leopardi (che canta L’immensità), due italiani medi. Ci sono anche Mario Merola che passa il testimone a Gigi D’Alessio e quindi accenniamo alla sceneggiata napoletana”.
Due tempi con musiche, canzoni e movimenti coreografici, per esaltare le qualità e puntualizzare i vizi degli italiani.
“Saranno Garibaldi e Vittorio Emanuele a scendere dal loro monumenti, materializzarsi e andare in giro a vedere com’è diventato il Paese che hanno contribuito ad unire”.
I difetti?
“Forte individualismo, scarso senso di appartenenza, mancanza di attenzione per il grande patrimonio artistico e culturale, i rimpalli politici”.
Le doti?
“Tanta simpatia, la capacità di essere solidali nei momenti catastrofici e senso della nazione durante i Mondiali di calcio”.
Ironia, divertimento, ma c’è un filo drammaturgico?
“Sì, perché tutto comincia con una compagnia di attori che vuole mettere in scena un varietà. Non è un pamphlet ma una satira sugli italiani”.
Siete amici da oltre trent’anni, ma è la prima volta che lavorate insieme.
“Ci siamo mossi in campi diversi, ma avendo gli stessi gusti. Finalmente, ci ha unito quest’idea di cui abbiamo parlato un paio d’anni fa, ci siamo messi a scriverla e poi realizzata. Con soddisfazione”.
Fra il teatro, il cinema, la televisione che cosa preferite?
“Senz’altro il teatro, ma non basta per diventare un personaggio”, dice Solenghi.
Sei un beniamino del pubblico grazie a tante trasmissioni da Domenica In a Striscia la notizia, ma soprattutto per il trio Solenghi-Marchesini-Lopez.
“Certamente è stato l’apice della mia carriera. Non eravamo solo una formula che funzionava. Si dice che i nostri “Promessi sposi” siano diventati un cult. La televisione mi piace, ne faccio ancora, anche il cinema mi diverte, ho fatto un cameo in “Che bella domenica”, che è diventato campione d’incassi,
“Il teatro è un apostolato. – incalza Micheli – Andiamo casa per casa, ma i numeri sono sempre troppo piccoli rispetto al piccolo schermo, anche se dal 1978 porto in scena “Mi voleva Strehler”, che ha al suo attivo 1100 repliche”.
Siete entrambi habituè di Napoli, che cosa ne pensate?
“E’ splendida, da mozzafiato come nessun’altra città, ma con i mali soliti. E’ sofferenza ed esaltazione, l’elevazione dell’Italia al’ennesima potenza: rovinata perché non considerata meravigliosa”.