Modernità di Petito

Maresa Galli

Una scena dello spettacolo

Al teatro Galleria Toledo di Napoli è di scena fino al 7 ottobre il lavoro petitiano ’O Paparascianno (“Apaparascianno”, 1872), per la drammaturgia e regia di Laura Angiulli; nel cast Mariano Rigillo, Tonino Taiuti (Paparascianno), Anna Teresa Rossini (Pantalea), Agostino Chiummariello (Ambruosio), Michele Danubio (corriere, notaio), Alessandra D’Elia (Gesummina), Angela de Matteo (Rita), Francesca Florio (Annetta), Roberto Giordano(Frongillo), Toni Fornari (Pandolfo), Marcello Romolo(Pescebannera). Ancora un bel lavoro per l’ultima tranche del Napoli Teatro Festival Italia con una rilettura della farsa di Petito in chiave moderna e fedele allo spirito dell’autore, alla sua scrittura fonetica, un grammelot dialettale ricco di sfumature cromatiche, musicali, sintattiche, una sorta di “esperanto del teatro”, come sottolinea la Angiulli. “’O Paparascianno”, il barbagianni, è un uomo anziano presunto vedovo intenzionato a sposare la giovane Rita. La ragazza è innamorata di Frongillo che chiede aiuto a Pulcinella, che diventa, per la giusta causa, ruffiano, principe del Foro, esperto di diritto…

Pulcinella, magistralmente interpretato da Rigillo, rappresenta, per l’attore, “quella parte di Napoli popolare che ciascuno ha dentro di sé a volte senza saperlo, un veicolo di presa di coscienza della napoletanità perduta in cui i cittadini possono riconoscersi per un riscatto che deve avvenire”. Figura rivoluzionaria, che ingloba spirito popolare e borghese, crea la comicità irresistibile del testo che scaturisce dal contrasto con il personaggio di Pescebannera, improbabile guappo. E creano comicità gli interventi di Gesummina, la capera, che crea e disfa intrighi amorosi per aiutare i due giovani innamorati, il lessico “giuridico” dell’avvocato Tartaglia, il ritorno della moglie di Paparascianno. Citazioni anche nell’irresistibile interpretazione di Taiuti, che rende omaggio all’uomo-marionetta di Gustavo De Marco con una mimica ineccepibile. Belli gli inserti dei cori dell’affiatato cast, i battibecchi nella lingua petitiana ricca di ritmo, musicale. Immaginata da un grande autore semianalfabeta, derivata dal parlato, diviene fonetica, figurata, ricca di neologismi che ne accentuano il carattere caricaturale. E la messa in scena della Angiulli riesce ad essere “una spinta verso un teatro dell’assurdo che privilegia il cabaret di marca espressionista”, una satira di costume che oggi come ieri sbeffeggia le convenzioni sociali.

Un buon lavoro che si avvale delle musiche di Rino Alfieri, delle scene di Rosario Squillace con la collaborazione di Renato Esposito, delle luci di Cesare Accetta, dei costumi di Mauritz Slabbert.

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