Nando Paone: “Attori si diventa se…”

Danila Liguori

Napoletano, classe ’56, attore eclettico come pochi. Nato e cresciuto nel quartiere partenopeo di Bagnoli, inizia la sua professione nel 1974, a Napoli, lavorando in varie compagnie teatrali e poi recitando anche per la tv. Nando Paone, all’anagrafe Ferdinando, si racconta rivelando la sua “ricetta” per diventare attore.

Ha da poco ricevuto un premio come miglior attore per la sua interpretazione in Il mare che muove le cose di Lorenzo Marinelli, nel corso dell’ultima edizione del Napoli Film Festival. Soddisfatto?

Assolutamente sì. Si tratta di un corto che ha già ricevuto numerosi premi, anche in Spagna, e alla fine sono contento di avervi partecipato”.

Non voleva?

“All’inizio ero un po’ scettico. Io non ho mai recitato in cortometraggi perché ho sempre pensato che fosse più una sorta di vetrina per regia e sceneggiatura. Invece mi sono ricreduto”.

Cosa le ha fatto cambiare idea?

“Sono rimasto letteralmente folgorato dalla storia. Si affronta il tema della malattia, dell’umanità attraverso la storia di un uomo che, dopo la scoperta di avere il morbo di Parkinson, viene messo ai margini da alcuni familiari e dalla società, come purtroppo spesso avviene. Sarà un giovane rifugiato a mostrare l’umanità e l’accoglienza di cui l’uomo aveva bisogno. Una storia molto significativa e toccante”.

Appena ripartita la nuova stagione teatrale. La Sala Molière, uno spazio teatrale a Pozzuoli nonché un laboratorio di formazione teatrale da lei realizzato, cosa ci riserverà?

“In quanto direttore artistico cerco di essere trasversale e portare a teatro tutto ciò che di interessante c’è. La novità vera è la musica, con due appuntamenti che rappresentano generi diversi dalla produzione d’autore indipendente: Giovanni Block e Gatos Do Mar. E poi tanti nome in cartellone: da Antonio Casertano ad Antonio Grimaldi, e tanti altri, passando per i giovani che si sono formati nel mio laboratorio. Tutti a teatro, senza paura”.

Si riferisce allo sciame sismico che sta interessando i Campi Flegrei?

“Esattamente. Il mio teatro da 70 posti è dotati di 3 uscite, l’aspetto sicurezza è fondamentale. Dobbiamo essere tutti tranquilli a teatro”.

Nando Paone

Prima ha parlato dei giovani attori che si sono formati presso il laboratorio di Sala Molière. Che consiglio dà ai giovani che vorrebbero intraprendere questo percorso?

“Ai ragazzi dico sempre di essere trasversali. Non bisogna formarsi e di conseguenza accettare solo ruoli comici o drammatici, occorre studiare ed essere capaci di interpretare tutto”.

Proprio come ha fatto lei. Nando, lei è un attore a 360 gradi. Ha lavorato nelle più importanti compagnie teatrali, come quella dei De Filippo, dividendosi tra Napoli e Roma, non disdegnando produzioni straniere, grazie alla sua conoscenza delle lingue. Dal teatro al cinema e alla tv, ha spaziato da ruoli comici a quelli più drammatici. Ce la svela allora la sua “ricetta” per diventare un attore così completo?

Faccio parte di quella generazione di attori che si è sempre sforzata di saper fare un po’ di tutto. Non solo il comico, che resta uno dei mestieri più difficili. Lo diceva anche il compianto Totò: ‘E’ più difficile far ridere che far piangere’. La mia ricetta è semplice: occorre essere educativi. Ho sempre accettato ruoli, anche quelli comici, che avessero da insegnare qualcosa. Personaggi che avessero, dietro il velo di comicità e talvolta di surrealismo, messaggi su cui soffermarsi. O comunque portare lo spettatore a riflettere su temi importanti, come ad esempio è avvenuto spesso nei ruoli che mi ha proposto il mio amico e collega Vincenzo Salemme”.

Indimenticabile, tra i tanti, Cico in “…E fuori nevica”, appunto.

“Esatto. Si tratta di personaggi ad alto impatto comico, un po’ surreali, ma che affrontano tematiche importanti quali quella della disabilità, di handicap mentali e fisici. Il ruolo dell’attore deve essere quindi culturalmente formativo. Il personaggio comico non deve solo far ridere, ma anche essere un spunto di riflessione”.

Progetti futuri: uno spoiler su cosa bolle in pentola?

“Riprenderò il 2 novembre lo spettacolo ‘Aspettando Re Lear’ con Alessandro Preziosi allo Stabile di Venezia. A dicembre sarò a Napoli al Teatro Nuovo con ‘Sagoma’ di Fabio Pisano, che è un po’ anche la mia storia. Ecco la trama: un attore e un tecnico luci sono chiusi in un teatro da un tempo indefinito, alla ricerca del controluce perfetto. Uno appeso su una scala, l’altro appeso sul palco, condividono la precarietà di un mestiere e di una esistenza dove il baratro è solo un quarto di passo oltre il segno fissato. Io sono come una sagoma lieve che non teme di andare contro la rassicurante consolazione del già noto, per tentare un’emozione autentica”.

In che senso è la sua storia?

“Mi capita spesso di essere fermato per strada e trattato quasi come uno di famiglia. Bello sentire il calore del pubblico, ma talvolta mi capita di sentirmi solo riconosciuto e non conosciuto. Non veramente”.

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