Nei panni di Adriano

Redazione

Arnolfo Petri

Fedele al suo “teatro dell’anima”, Arnolfo Petri interpreta e dirige Lo specchio di Adriano, liberamente tratto dal celebre romanzo di Marguerite Yourcenar Memorie di Adriano, in scena al teatro Il Primo di Napoli (dal 2 al 19 febbraio).

Qual è la cifra della riduzione teatrale?

“Affondo la lente indagatrice sulle ferite dell’anima di un uomo incapace di sentirsi grande. L’imperatore, spogliato di ogni storicismo, diventa solo un uomo come tanti, alla disperata ricerca di un modo per conciliare felicità e dovere, intelligenza e sentimento, desiderio e volontà. Un uomo alle prese con il tramonto della vita e soprattutto con la morte. E’ la fine del dolore o l’inizio della felicità?”

Che tipo di ambientazione hai creato?

“Su una scena vuota, come vuoto è il nostro tempo, attorniato da flebili fiammelle disposte quasi a delineare un percorso, quello della conoscenza, interpreto Adriano in abiti candidi, quasi ad interpretare una purezza superstite, ho l’aspetto di un’apparizione, di un fantasma. Quello della nostra umanità residua che disperatamente cerca di sopravvivere a fiumi di idiozia”.

Un teatro di suggestione più che di parole.

“La parola qui diventa rito celebrato, officiato, quasi una funzione mistica. Una eucarestia della parola che salva la mente dalla morte della coscienza. Una coscienza, la nostra, che grida disperata contro il crollo delle certezze alla ricerca di una verità, il nostro destino di esseri umani”.

Un personaggio che parla agli uomini di oggi.

“Adriano era uomo di immensa cultura, amante del bello e dell’arte, della filosofia, curioso viaggiatore, imperatore pacifico e raffinato. In una realtà dove l’ignoranza e il vuoto più assoluto delle coscienze seminano indifferenza e volgarità, la sua vicenda umana assume un significato profondo. Ci offre, forse, uno spiraglio di speranza”.

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