E’ un Moscato insolito eppure riconoscibile quello di Modo Minore, spettacolo in scena alla Sala Assoli di Napoli, Casa del Contemporaneo, fino a domenica 21, dopo due anni dal debutto.
Non nuovo all’esperienza discografica (ha inciso “Embargos” nel 1994, “Cantà” nel 1999, “Hotel de l’Univers” nel 2003 e “Toledo suite” nel 2008), Enzo Moscato, drammaturgo dopo-eduardiano, regista e attore di fama, propone uno struggente concerto-recital in cui, con Pasquale Scialò, mette insieme un repertorio considerato minore, perché dimenticato o forse sconosciuto, ma che contiene il nostro passato, fatto di gioie e di dolori, di lacrime e passioni, di dopoguerra e rinascita.
Le canzoni scelte e arrangiate magnificamente dal musicista, riguardano gli Anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, “tre decenni edificanti”, recita l’interprete, tre decenni che hanno attraversato la storia e la musica napoletana, nazionale, internazionale, toccando ogni genere. La chiama “archeologia della canzone”, Moscato, ma dalla sua voce escono emozioni senza tempo, memorie che vanno oltre il ricordo preciso di questo o di quello spettatore. Tutto dipende dall’età. Diverse generazioni, ma un’unica passione: quella di esprimere ardore e sentimenti.
Il repertorio è ricco, Enzo Moscato canta ma soprattutto interpreta, rende omaggio a Sergio Bruni, con una modernissima “’O jukebox ‘e Carmela”, e con un’originale “’Na bruna”. Attraversa il dramma di Luigi Tenco e Dalidà, uniti dall’amore e dalla morte, che culmina nella forte e toccante interpretazione di “Bang bang” di Sonny Bono-Equipe 84. Rievoca personaggi creati da altri, ma nell’aria ci sono anche i suoi, ci sono i vicoli, i bambini, i bassifondi, c’è il guappo e “’O bar ‘e ll’università”, poco conosciuto pezzo di Enzo Di Domenico. Canta a cappella “Cerutti Gino” di Gaber e non dimentica Carosone (“Giacca rossa e russetto”), Bruno Martino, Umberto Bindi, Gloria Christian, Pino Mauro, Pino Donaggio. Fa seguire a “The koln concert di Keith Jarrett, “Nun t’aggia perdere” di Moxedano-Iglio. “Mandolino d’ ‘o Texas”. E un “more” diventa la sua lirica originale “Mò”.
Semplice e misurato, con il suo andirivieni dalle quinte alla scena, Moscato alterna alle canzoni piccoli inserti drammaturgici, in cui ritorna con il linguaggio che gli è solito, fatto di contaminazioni e nostalgia, di racconto e sensazioni.
Dedica la seconda parte al cinema, sia musicalmente che con il contributo (che nulla aggiunge alla bellezza del concerto) del cortometraggio omonimo, diretto da Carlo Guitto, interpretato da Nunzia Schiano, Cristina Donadio, Ernesto Mahieaux, Enzo Perna e piccoli attori: bambini che girano e giocano nei vicoli della Città.
Un Modus minor, che con l’accento partenopeo diventa un nuovo brano di Scialò. Un modo minore, che non è solo un repertorio poco noto o dimenticato, bensì un tono a misura della vocalità di Enzo Moscato, ottimamente accompagnata dal quartetto in scena con lui: Paolo Cimmino, Antonio Colica, Antonio Pepe, Claudio Romano.
“Nostalgia” o “Giovinezza” per un vecchio bambino o “un bambino vecchio”, che non rinuncia ai linguaggi della scena, facendo ritrovare, a chi ben conosce il suo lavoro e a chi lo scoprirà oggi, un artista Napoletano senza tempo né luogo, che ama il teatro, il pensiero, la musica e le canzoni. E che infine, a successo avvenuto, afferma: “forse aggia canta’”.