“Siamo stati ciò che era sconosciuto, nei recessi dell’impero della civiltà”. Il verso di una canzone di Alessio Arena, cantautore partenopeo, si adatta bene allo spirito dell’ultimo film di Ferzan Ozpetek, Nuovo Olimpo.
Titolo che ricorda quasi un po’ il Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, Nuovo Olimpo si svolge infatti per molte scene all’interno di un cinema. Ed è una vera cavalcata nel tempo come solo il Tornatore di una volta saprebbe fare.
Una lettera d’amore molto personale di Ozpetek al Cinema, alla sua Storia e alla passione che da ragazzo lo spinse a studiare la Settima Arte all’Università La Sapienza di Roma. Il regista italo-turco torna sul piccolo schermo stavolta, a 4 anni di distanza dall’ultima fatica, La Dea Fortuna del 2019. Nuovo Olimpo, disponibile su Netflix dal 1 novembre, nella net tv ci sta stretto, andrebbe visto sicuramente in una sala cinematografica.
Reduce anche da un passaggio al MOMA di New York con una mostra retrospettiva a lui dedicata, Ozpetek firma stavolta il suo film più autobiografico in quasi 30 anni di carriera. Manca solo la sua attrice feticcio Serra Yilmaz, e una strepitosa Luisa Ranieri compensa benissimo come comprimaria, ma le coordinate del suo cinema ci sono tutte: atmosfere, storia gay, i colori caldi di Roma, i vicoli della Capitale, persino le musiche di Andrea Guerra. I giri armonici delle suite di Nuovo Olimpo ricordano magnificamente i temi della Finestra di Fronte, delle Fate Ignoranti e soprattutto di Cuore Sacro.
Nell’incontro di Enea (Damiano Gavino) e Pietro (Andrea Di Luigi) riecheggiano quasi le parole pronunciate da Stefano Accorsi nelle Fate. Quel “quanti inviti respinti, quante parole non dette, quanti sguardi non ricambiati. Tante volte la vita ci passa accanto e noi non ce ne accorgiamo nemmeno”.
I due giovani studenti romani di cinema e medicina si incrociano nella sala buia del Nuovo Olimpo: si guardano, si scoprono e si amano perdutamente per una manciata di giorni. Complice la casa con terrazzo e vista al tramonto sui Fori Imperiali (per una volta il Gazometro si prende una pausa dalle architetture ozpetekiane), quel pomeriggio di prime volte e quella notte di sesso passionale si riveleranno indimenticabili (le prime scene così esplicite e i primi nudi frontali di tutta una filmografia).
Una manifestazione di protesta però li separerà per più di 20 anni e i due non riusciranno a recarsi alla trattoria in cui Pietro aveva prenotato un tavolo. Una cena da coppia normale, come tante, che come nei migliori salti temporali della memoria farà capolino solo nel finale.
Nel frattempo Pietro diventerà un medico importante ma si condannerà a un matrimonio infelice (la moglie Greta Scarano capirà poi tutto dopo un semplice gioco di sguardi). Mentre Enea troverà un nuovo compagno e la sua vocazione nel cinema come cineasta. Insieme a una lettera mai letta, che la sorniona cassiera Titti del Nuovo Olimpo (la bravissima e simpatica Ranieri, irriconoscibile perché truccata come Mina e meritevole di un David di Donatello), gli consegnerà molti anni dopo.
Occasioni perdute, parafrasando la citazione delle fate di prima, condite di rimpianto e nostalgia di ciò che non è mai stato e che poteva essere. Nuovo Olimpo a tratti risulterà un po’ prevedibile, con un epilogo debole magari, ma sono innegabili l’emozione e il coinvolgimento provati.
“Gli amori impossibili sono quelli che durano per sempre”: la sceneggiatura di Gianni Romoli e Ferzan Ozpetek qui cita gli stessi autori di 20 anni fa della Finestra di Fronte. E non è un male, considerando che quel film fu forse il migliore in assoluto di Ozpetek.