Omaggio a Bergman

Anita B.Monti

Seconda regia italiana per Andrej Konchalovskij, che per il NTFI 2018 firma l’omaggio a Ingmar Bergman con la messinscena di Scene da un matrimonio. Debutto internazionale al Teatro Mercadante di Napoli, il 3 e 4 luglio, con Julia Vysotsaya e Federico Vanni (3 luglio ore 19 e 4 luglio ore 21). Ma il Festival celebra il drammaturgo svedese a cent’anni dalla nascita, anche con un secondo allestimento del celebre testo, Scènes de la vie conjugale, sempre il 3 e 4 luglio ma al Teatro Politeama (3 luglio ore 21, 4 luglio ore 19), per la regia del francese Safy Nebbou, con Laetitia Casta e Raphaël Personnaz nei ruoli dei protagonisti Marianne e Johan.

Inizialmente girato per la televisione, in sei episodi della durata complessiva di 300 minuti, il film Scene da un matrimonio, uscì al cinema nel 1973 in una versione di 167 minuti, consentendo al vasto pubblico dell’epoca di verificare come il dizionario delle gioie e delle difficoltà della vita coniugale finisse con l’utilizzare termini comuni a tutte le latitudini. Il non detto di Marianne e Johan, una coppia apparentemente felice, finisce con l’esplodere con violenza in seguito alla decisione di lui di abbandonare moglie e figlie per una studentessa. Johan si rivela però come una persona estremamente fragile, vittima delle proprie pulsioni e di un perbenismo fino a quel momento autoimposto. Chi in definitiva riesce ad avere una tenuta più a lungo termine (nonostante l’ansia, le suppliche e gli incubi) finisce con l’essere Marianne nei confronti della quale l’ormai ex marito vorrebbe continuare a mantenere una forma assurda di possesso non concedendole il divorzio ed essendo geloso dei rapporti con altri uomini da lei a sua volta instaurati.

Andrej Konchalovskij

 

Scènes de la vie conjugale racconta vent’anni della vita di una coppia, vent’anni di amore e di disamore, di complicità e d’incomprensione. Vent’anni di verità e di menzogne che oscillano incessantemente tra la passione e la solitudine. Una storia eterna come la notte dei tempi.

In un luogo unico, un uomo e una donna si affrontano senza esclusione di colpi. – spiega il regista Safy Nebbou – Un solo luogo e due attori. Il terreno di gioco è quello della messa a nudo per far sorgere la vita palpitante in tutta la sua potenza e le sue contraddizioni. Il punto di vista proposto non prevede né giudizi, né voyeurismi: ciascuno può proiettare la propria esperienza perché spingeremo fino al parossismo la funzione catartica del teatro. Dietro le maschere di Marianne e Johan, Laetitia Casta e Raphaël Personnaz, recitano senza recitare. In una preziosa connivenza, ognuno dei due pretende di guidare l’altro, di prevaricarlo. Vivere da soli è insopportabile, ma vivere insieme è troppo difficile. Nello spettacolo recitazione e regia sono indissolubilmente legate. I personaggi nascono da un incontro tra l’attore e il ruolo, al di là della parola, e sono caratterizzati da una accentuata corporeità, cruda e umana. Sono corpi feriti e selvaggi, fragili e potenti, che si avventurano senza giri di parole alla ricerca dell’amore assoluto, dell’amore folle, dell’amore all’ultimo respiro”.

 

 

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